Auto. La Marelli chiude il sito di Crevalcore: il caso-simbolo della transizione elettrica
L’azienda dell’aftermarket automotive è storicamente legata al motore tradizionale
C’ agitazione intorno all’annuncio fatto qualche giorno fa dai vertici della Marelli, l’azienda impegnata nell’aftermarket automotive. L’annuncio, infatti. è di quelli drammatici, almeno per i 230 dipendenti in attività allo stabilimento: il sito di Crevalcore, in provincia di Bologna, chiude battenti e la produzione si trasferisce a Bari.
La chiusura dello stabilimento, che conta 230 dipendenti, era già nell’aria da qualche tempo ed è stata probabilmente conseguenza delle nuove esigenze produttive legate alla transizione elettrica.
Secondo i sindacalisti intervenuti, il caso Marelli, gruppo storicamente legato alla componentistica del motore endotermico, potrebbe essere il primo di una lunga serie: l’assenza di riconversione industriale verso le nuove esigenze della mobilità potrebbe comportare il crollo di tantissime aziende italiane, ancora strettamente connesse alle motorizzazioni tradizionali.
La chiusura è stata così motivata dai vertici aziendali: “La continuazione dell’attività è insostenibile, dal 2017 il fatturato è in calo di oltre il 30% e registriamo una perdita costante dei profitti. Teniamo in considerazione seriamente la nostra responsabilità sociale”.
La Morelli chiude il sito di Crevalcore (BO): le reazioni
Immediata è stata la risposta di Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Ugl e Associazione Quadri che hanno convocato le assemblee dei lavoratori e hanno proclamato per venerdì 22 settembre otto ore di sciopero in tutti gli stabilimenti del gruppo. Dura la presa di posizione anche del presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, il sindaco di Bologna, Matteo Lepore e l’assessore regionale Vincenzo Colla che parlano di “una decisione assurda e inaccettabile. “Non possiamo perdere – affermano – una eccellenza del territorio, per storia e competenze, un pezzo importante della filiera della Motor Valley dell’Emilia-Romagna. Né permettere che vengano messi a rischio i posti di lavoro e la realtà produttiva. C’è una sola soluzione: il Fondo americano Kkr riveda la decisione di chiudere lo stabilimento”.
Il caso Marelli e la riconversione industriale per l’elettrico
I sindacati chiedono alla Marelli di rivedere la sua decisione e al governo di convocare immediatamente un tavolo istituzionale di confronto. “È da tempo – affermano – che chiediamo riconversioni per le fabbriche legate al motore termico, senza le quali la chiusura di Crevalcore sarà solo la prima di una lunga serie, così come chiediamo di concentrare le risorse pubbliche sulle leve che possono salvaguardare e rilanciare l’industria di esportazione. È su queste priorità che si deve concentrare l’interesse del Ministero del Made in Italy e delle Imprese, trasformando le dichiarazioni di principio sull’automotive in atti concreti”. Ai sindacati la Marelli ha confermato che “l’Italia rimane un paese strategico, in quanto l’azienda lo considera un centro di rilievo in ambito ingegneria e ricerca e sviluppo, così come un importante polo produttivo. Coerentemente con ciò, Marelli conferma l’implementazione del piano di investimenti già presentato che porta gli investimenti complessivi di Marelli in Italia negli ultimi due anni a circa 150 milioni di euro”.