Piattaforma di Venezia: ecco perché Paolo Costa la difende
A chi ha criticato il progetto per la realizzazione della piattaforma di Venezia Paolo Costa, presidente dell’Autorità portuale, risponde sottolineando che “l’ipotesi di un porto d’altura in acque profonde meno 20 metri al largo dei lidi di Venezia è meno bislacca di quanto possa sembrare”. “Porto d’altura progettato anche per allibare – e quindi senza rottura di carico – da 1.5 a tre milioni di teu che un “serpente” di pontoni-chiatte spola trasferirebbe 24 ore su 24 a Marghera, in un’area di espansione di 92 ettari ex-industriali che L’Autorità portuale di Venezia ha già acquistato e che sta bonificando”.
Il presidente Costa ha poi aggiunto che “il solo modo che la portualità italiana ha per convincere i grandi player marittimi e logistici a passare dal Mediterraneo italiano per esportare ed importare in Europa è quello di presentarsi sul mercato con i due multiporto Alto Tirreno e Alto Adriatico, fatti entrambi di scali in competizione fra di loro ma pronti a collaborare per far fruttare il fatto che una nave in ingresso da Suez risparmia tempo e produce meno inquinamento per raggiungere qualsiasi città europea”. E se questo non dovesse bastare, Costa ha anche ricordato che vista la competizione con i porti del mar del Nord “qualsiasi possibilità di crescita passa inevitabilmente per un salto di scala nella dotazione infrastrutturali di tutti gli scali di ogni sistema multiportuale”.
Ciò spiegherebbe “l’obiettivo comune dei 10 milioni di teu da raggiungere in una decina d’anni. In questo senso, e solo in questo senso va letto il progetto dell’Autorità portuale di Venezia. Il porto d’altura al quale punta è il contributo che Venezia dà all’Alto Adriatico per rendere conveniente alle navi oceaniche, una volta entrati da Suez, toccare Ravenna, Venezia, Trieste ma anche Capodistria e Fiume”.
La realizzazione del molo container in altura e la predisposizione dell’ attrezzatura di nuovi piazzali a Marghera spetterà all’Autorità portuale di Venezia con una concessione di costruzione e gestione che andrà in gara nel momento in cui partirà la costruzione della diga. Ciò, sempre secondo Costa, consentirà non solo lo sviluppo portuale di Venezia, ma anche “il recupero portuale e logistico di aree dismesse ex industriali di Marghera che così interrompe il suo declino produttivo ed occupazionale; l’offerta di una adeguata base portuale “naturale” agli interporti del Nordest, a cominciare dalle eccellenze di Verona, Padova e Bologna; il contributo di Venezia a garantire quella scala di attività portuale di 10 milioni di teu da realizzare assieme agli altri porti del Napa (Ravenna, Trieste, Koper e Rijeka). In pratica, “il minimo indispensabile perché l’Alto Adriatico diventi multiporto europeo degno di questo nome”.