Sicurezza stradale: Ania, nel 2009 una vittima ogni due ore
“Quinto comandamento: Non uccidere!” potrebbe essere questa la sintesi dell’intervento del Presidente della Fondazione Ania, Sandro Salvati, al convegno su “Gli italiani e il rispetto delle regole” tenutosi oggi a Roma presso il Cnel. Il presidente ha ribadito la necessità di una nuova norma che introduca il reato di “violenza stradale”, in caso di incidenti mortali causati da persone che guidano in stato di ebbrezza o di uso di stupefacenti.
La Fondazione, da sempre attenta alla questione della sicurezza stradale, ha commissionato al professor Mannheimer un sondaggio “Gli italiani e la cultura delle regole” dal quale è emerso un quadro poco rassicurante, che vede gli italiani propensi a giustificare la violazione delle regole della strada in una percentuale che arriva al 9%. Inoltre molti di quelli che dichiarano deplorevole un comportamento sbagliato alla guida sono gli stessi che giustificano le proprie violazioni nei modi più fantasiosi.
“Gli italiani hanno un comportamento schizofrenico, da un lato vorrebbero un rispetto totale delle regole, dall’altro usano infrangerle con un’autoassoluzione tipica dell’italianità”, ha dichiarato il presidente del Censis, Giuseppe De Rita. In prospettiva però, misure di prevenzione e l’introduzione di norme adatte, insieme ad un’educazione al rispetto delle regole a cominciare dalla scuola, potrà dare buoni risultati, come è già accaduto con l’introduzione del Tutor in autostrada o a patente a punti, continua De Rita.
Il Presidente Salvati ha ricordato che ogni giorno muoiono sulle nostre strade dodici persone, una vittima ogni due ore: “una strage a puntate” che ha meno impatto mediatico di altre stragi, ma che resta la prima causa di morte nel nostro paese. “Bisogna smettere di chiamare gli incidenti e chiamarli reati stradali”, continua Salvati, perché l’80% degli incidenti sono causati da una guida distratta.
Di parere concorde il Magistrato Simonetta Martone, da sempre attenta ai disagi giovanili, che sostiene la necessità di una norma che dia una minore discrezionalità ai giudici che si trovino a giudicare omicidi che ora vengono considerati “colposi”, introducendo il “dolo”, ossia chi, giudando in stato di ebbrezza o sotto l’uso di stupefacenti, è consapevole e responsabile di poter causare danno ad altri, oltre che a se stesso, verrà sanzionato in modo certo.
L’iter per l’introduzione del reato di violenza stradale è già stato avviato in Parlamento, il presidente della commissione Trasporti, nel comunicato inviato al convegno, se ne fa promotore insieme alla fondazione Ania, specificando che la pena prevista andrà dai 15 anni ai 25 anni in caso di omicidio plurimo, con l’auspicio che ci sia convergenza di tutte le parti politiche, come già è accaduto per le modifiche al codice della strada.
Dall’indagine è emerso che le infrazioni considerate più gravi sono quelle che possono recare danno agli altri, in particolare guidare in stato psico-fisico alterato (76%), passare con il semaforo rosso (60%) e superare i limiti di velocità (52%). Paradossalmente, il 74% degli italiani dichiara di rispettare con più attenzione le regole della strada quando si trova all’estero. Questo comportamento è ancor più accentuato tra i giovanissimi dai 18 ai 24 anni (77,2%) e per gli intervistati compresi tra i 45 e i 54 anni (78%). L’infrazione del codice stradale viene spiegata in modo simile da automobilisti e non. In primo luogo c’è una sottovalutazione del rischio (91%), seguita dalla tendenza a considerare i controlli scarsi ed inefficaci (72%) e dalla percezione che le sanzioni previste non sono così pesanti da far paura e, soprattutto, non vengono applicate (70%). Significativo che oltre un terzo degli italiani (35% del campione) ritiene che le violazioni siano dovute anche alla poca chiarezza del codice della strada.
Rossella Smiraglia