Anfia, Federauto, Unrae: una task force per l’automotive
Le principali associazioni dell’automotive si sono riunite per chiedere al Governo un piano strategico per il settore.
In una conferenza stampa congiunta Anfia, Federauto e Unrae hanno fatto il punto sul mercato dell’auto e hanno tracciato le priorità da indicare all’esecutivo: un piano per l’elettrificazione dei veicoli, l’accelerazione degli investimenti per le nuove tecnologie con particolare attenzione all’automazione, alla connettività, alla diffusione delle infrastrutture (pubbliche e domestiche) di ricarica, anche per l’idrogeno.
Automotive e Covid-19: i dati della crisi
I Presidenti delle tre Associazioni hanno evidenziato i dati della crisi indotta dalla pandemia nel 2020, con la perdita del 27,9% di autovetture, del 15,1% di veicoli commerciali, del 14,4% di veicoli industriali, del 21,7% di rimorchi e semirimorchi e del 24,8% di autobus. Gli incentivi approvati hanno mitigato in parte il calo delle immatricolazioni, di cui ha beneficiato anche l’occupazione del settore, registrando quasi 100 milioni di ore di cassa integrazione (più che raddoppiate nel confronto con il 2019) rispetto al totale di circa 3 miliardi di ore dell’intero settore industriale.
Un ricambio del parco veicolare troppo lento
La svolta “green”, su cui da anni investono le Case automobilistiche e l’intera filiera automotive, ha ricevuto impulso positivo al mercato Nel 2020, a fronte di un contestuale incentivo, sono state rottamate 125.000 vetture vetuste ed inquinanti che hanno contribuito ad un risparmio di oltre 61mila tonnellate di CO2/anno.
Nonostante l’avvio della transizione verso la sostenibilità, l’Italia ha ancora il parco circolante autovetture tra i più vecchie d’Europa, con un’età media di 11,5 anni contro gli 8 anni in UK e i 9 anni in Germania e Francia.
All’attuale ritmo di sostituzione, per rinnovare l’intero parco italiano ci vorrebbero 27 anni. Ancora più elevata l’età media dei veicoli industriali (13,6 anni), dei veicoli commerciali (12,5 anni) e degli autobus (12 anni).
“Mobility revolution”: il commento di Paolo Scudieri, Presidente di Anfia
“La mobility revolution implica, per la nostra filiera, una transizione produttiva che richiede notevoli investimenti in nuove tecnologie: non solo elettrico, ma anche idrogeno, connettività, autonomous driving e digitalizzazione dei processi. Una sfida per cui le aziende necessitano del sostegno di interventi da attuare tramite il Recovery Plan per mantenerne alta la competitività e rendere l’Italia attrattiva per nuovi investitori: rafforzare e semplificare gli strumenti di politica industriale e rendere ugualmente accessibili alle imprese del Centro-Nord quelli per le regioni obiettivo; sostenere non solo gli investimenti in R&I, ma anche gli investimenti di riconversione produttiva; sì a programmi per la riqualificazione delle competenze, con misure di incentivazione fiscale e una rinnovata offerta di servizi formativi; si estenda il Piano Transizione 4.0, si favoriscano l’aggregazione delle PMI e le operazioni di private equity. Le misure dedicate allo sviluppo infrastrutturale del Paese devono
riguardare rete di ricarica – nel giusto mix tra pubblica, privata e aziendale – infrastrutture per l’idrogeno, tecnologie vehicle-to-grid e smart road. Queste proposte devono concorrere alla creazione di un piano che comprenda l’istituzione di una task force pubblico-privata, in cui ministeri e associazioni competenti possano mettere a frutto una proficua sinergia”.
Sostegno al mercato: la dichiarazione di Adolfo de Stefani Cosentino di Federauto
“Il 2020 ha avuto impatti significativi sulle reti dei dealer che hanno dovuto fronteggiare un pesante calo del fatturato (mediamente -25%) e un azzeramento della redditività aziendale. Il sostegno al mercato introdotto nella seconda parte dell’anno, attraverso gli incentivi destinati alla domanda, ha consentito di arginare le perdite ma la strada per ritornare in equilibrio è ancora tutta in salita. Un deciso cambio di passo, anche per accelerare il rinnovo del parco circolante auto obsoleto e poco sicuro e colmare il gap competitivo con gli altri principali Paesi dell’Europa, è rappresentato dalla riforma della fiscalità auto. La quota delle auto aziendali sul mercato italiano è la più bassa (36%) se confrontata con quella di Germania (62,9%), Regno Unito (54,2%), Francia (53,1%) e Spagna (49,8%) e un intervento sulla percentuale di detraibilità dell’IVA per gli acquisti effettuati da aziende e professionisti e sulla soglia di massima deducibilità dei costi, anche in ottica green, non è più rinviabile. Inoltre, nell’ambito di una strategia complessiva di rilancio del settore automotive risultano imprescindibili una semplificazione e rimodulazione della tassa automobilistica e l’introduzione di misure strutturali con orizzonte temporale medio-lungo per gli investimenti delle imprese di autotrasporto”.
Gli investimenti delle case costruttrici: il parere di Michele Crisci, Presidente di Unrae
“Da anni le Case produttrici destinano importanti investimenti per progettare e costruire la nuova mobilità sostenibile. L’inattesa crisi globale ha ora chiamato in causa anche i Governi, perché facciano la loro parte per accelerare il raggiungimento degli obiettivi di uno sviluppo sostenibile che unisca crescita economica e rispetto dell’ambiente. Occorre una pianificazione politica per guidare, nel breve e nel lungo periodo, la transizione verso la mobilità ‘green’ compatibile con le esigenze economiche e sociali di un comparto da sempre trainante per l’economia del nostro Paese. Per questi motivi – ha sottolineato Michele Crisci – ribadiamo la richiesta alle Istituzioni di rifinanziare gli incentivi per le autovetture nella fascia 61-135 g/km CO2 e per i veicoli commerciali, nonché di rendere strutturale fino al 2026 l’ecobonus per le autovetture fino a 60 g/km CO2. Senza dimenticare i comparti del trasporto merci e persone per i quali è indifferibile l’incremento delle risorse per il rinnovo delle flotte dei veicoli industriali e del parco autobus, con graduale spinta verso le alimentazioni alternative. Infine, è assolutamente urgente modificare la normativa vigente sulle autovetture aziendali in
fringe benefit, adeguandola ai nuovi valori di emissione di CO2 in WLTP.”