Grillo: via al project financing di seconda generazione
Un project financing di seconda generazione, che rilanci gli investimenti nelle infrastrutture in Italia, con procedure semplificate e tempi garantiti. Luigi Grillo, presidente della commissione Lavori pubblici del Senato, è a Cortina d’Ampezzo, dove partecipa ad un dibattito sulle grandi opere organizzato nell’ambito della kermesse estiva “Cortina InConTra”.
Senatore, che cosa è successo in Italia perché la progettazione e la realizzazione delle grandi opere si fermasse? “Il dato storico che segna la paralisi per il mondo delle infrastrutture è certamente il 1993, con l’approvazione della legge Merloni, che vincolava pesantemente la costruzione di nuove opere a mille pareri. Prima non era così. In Italia negli anni sessanta si è fatta l’Autostrada del sole tra Milano e Roma in soli sette anni. Comunque le cose sono cambiate”.
Lei è stato relatore, nei precedenti governi Berlusconi, di tutte le più importanti leggi sulle grandi opere, a cominciare dalla legge Obiettivo. “Abbiamo invertito una tendenza. All’inizio degli anni duemila, con un importantissimo decreto del governo abbiamo integrato il codice dei rapporti, facendo sì che l’Italia fosse il primo Paese europeo ad avere in un unico testo le 55 leggi che normano il comparto delle costruzioni . Il nostro lavoro, poi rivisto in peggio nel 2006 dal ministro Di Pietro, era volto a tutelare l’iniziativa dei privati che per investire capitali nel settore vogliono procedure semplificate e tempi certi”.
Lo stesso criterio che è alla base del decreto correttivo sul Codice degli appalti approvato negli scorsi giorni. “Abbiamo cambiato la finanza di progetto. Io lo chiamo project financing di seconda generazione. Il privato potrà assumere l’iniziativa anche in presenza di un’amministrazione pubblica che non facesse il suo dovere pubblicando i bandi, rispettando i tempi annunciati, e così via”.
Siamo al paradosso. Il Governo deve intervenire con delle leggi per tutelare i privati dalle inefficienze della stessa amministrazione pubblica? “Non possiamo più tollerare le tattiche dilatorie di certe amministrazioni. Nel primo project financing, quello del 2002, scrivemmo che di fronte a una richiesta dei privati la pubblica amministrazione avesse quattro mesi di tempo per rispondere. Ma così non è stato, perché non c’erano sanzioni amministrative contro le amministrazioni ritardatarie. Non è più sopportabile che soprintendenze e ministero dell’Ambiente si prendano tutto il tempo che vogliono. E che i comuni e le amministrazioni locali facciano i loro ricatti, pretendendo tangenti bianche (opere pubbliche compensative, ndr) in cambio dell’assenso alla realizzazione dell’opera”.
Che risposte vi aspettate dal mondo dell’impresa (soprattutto dalle Pmi)? “Il privato deve cambiare cultura, passare da un’ottica di mera costruzione ad un’ottica di gestione. Un mercato della gestione, cioè di imprese private abituate a gestire le opere pubbliche, in Italia ancora non c’è. Ma ci sono le risorse imprenditoriali pronte a farlo. E abbiamo un sistema bancario fortissimo, molto patrimonializzato, a cui chiediamo di intervenire per sostenere lo sforzo della piccola e media impresa. Prendiamo il caso del Ponte sullo Stretto: le banche sono attrezzate, la volontà politica c’è. Sulle infrastrutture la maggioranza è molto coesa. Dobbiamo essere tutti tifosi del ministro Brunetta”.