Antitrust: serve maggiore concorrenza nel trasporto pubblico
Il trasporto pubblico locale in Italia è insoddisfacente, obsoleto e presenta poche gare. È questa l’estrema sintesi dell’indagine che dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato ha effettuato recentemente nei confronti del tpl della Penisola.
Secondo l’Antitrust, oltre alle performance insoddisfacenti rispetto ai principali Paesi europei, emergono “gravi squilibri strutturali tra cui: investimenti insufficienti in infrastrutture; parco rotabile obsoleto; notevoli divari territoriali, per cui gli utenti di alcune Regioni, soprattutto centro-meridionali, hanno accesso a meno servizi e di qualità peggiore, senza peraltro pagare prezzi inferiori – spiega una nota dell’Agcm -. Quasi il 70% delle perdite del settore, considerando le società a partecipazione pubblica, riguarda la Regione Lazio. Anche nei grandi centri urbani il fondamentale diritto alla mobilità non è assicurato in modo uniforme: anzi, a volte l’offerta è peggiore proprio nelle zone frequentate dagli utenti con redditi minori. Insomma, nonostante i rilevanti esborsi di denaro pubblico, non c’è equità sostanziale nell’accesso ai servizi di TPL né sono state intraprese politiche efficaci per sviluppare la mobilità sostenibile”.
A colpire è poi l’apparente paradosso per cui l’offerta complessiva dei servizi di TPL sembrerebbe in media sovradimensionata rispetto alla domanda effettiva, che spesso rimane però insoddisfatta. L’eccesso di servizi dove ce n’è meno bisogno, rivela gravi carenze nella programmazione da parte delle Regioni e degli altri enti locali. Inoltre è emerso che i servizi di TPL sono ancora, in prevalenza, gestiti in base a contratti in esclusiva affidati direttamente a imprese partecipate dagli enti locali o, nel caso del ferro, a Trenitalia. Sono state fatte poche gare, spesso male.
L’indagine dell’Antitrust mostra come – anche alla luce delle migliori pratiche internazionali – gestioni efficienti e servizi di qualità non dipendono tanto dalla proprietà, pubblica o privata, delle imprese, ma dalla presenza di meccanismi, come quelli messi in moto dalle gare, che stimolano le imprese a comportarsi in modo virtuoso. L’apertura alla concorrenza del settore potrebbe, dunque, contribuire in modo rilevante a risolvere i problemi riscontrati, in modo da allentare la pressione sulla spesa pubblica ma garantendo anche un più ampio godimento del diritto alla mobilità.
A parere dell’Agcm, due fattori sono all’origine del mancato sviluppo della concorrenza nel settore: una normativa che ha ostacolato la concorrenza e un insieme di elementi che hanno scoraggiato il ricorso alle gare, tra cui, in particolare, l’assenza di meccanismi in grado di condizionare l’erogazione dei fondi pubblici ai risultati ottenuti e i conflitti di interesse, nei casi in cui l’ente locale è anche proprietario del gestore dei servizi.
L’Antitrust ritiene necessario, attraverso la riforma dei servizi pubblici locali in discussione in Parlamento o in altro modo, un tempestivo intervento normativo, per favorire un assetto più concorrenziale del settore, e suggerisce quattro linee di intervento:
-Serve un “salto di qualità” nella fase di programmazione dei servizi, sia nel riorganizzare il riparto di competenze tra Stato, Regioni ed enti locali, sia nel merito della programmazione, che dovrebbe essere svolta almeno a livello regionale se non sovraregionale e non più in base all’offerta storica, inadeguata, ma tenendo conto delle reali esigenze degli utenti.
-Occorre favorire il ricorso alle gare con meccanismi volti a responsabilizzare le amministrazioni, premiando quelle più virtuose al momento del riparto dei fondi pubblici e aumentando la trasparenza del loro operato.
-Le gare devono essere ben fatte e garantire un’ampia partecipazione (ad esempio, è utile creare società indipendenti che acquistino i treni per noleggiarli agli operatori e ricorrere a strumenti appropriati per affrontare i risvolti occupazionali). Si deve intervenire, inoltre, sul nodo dei conflitti di interesse, distaccando le funzioni di stazione appaltante dalla dimensione locale e attribuendole a un unico organo a livello dello Stato centrale.
-Va sviluppata la concorrenza “nel” mercato, poco diffusa anche perché ritenuta – erroneamente – una modalità che non consente di perseguire obiettivi sociali. L’indagine dimostra, invece, che la quasi totale assenza di concorrenza ha determinato pesanti pressioni sulla spesa pubblica, senza garantire maggiore equità e migliori condizioni di vita alla cittadinanza.