Bus elettrico o ibrido? Il futuro lo decidono le infrastrutture
In questo momento in Italia avanza il dibattito relativo ai vantaggi e svantaggi della diffusione dei motori a propulsione ibrida ed elettrica. Diverse città stanno infatti implementando interventi di rinnovamento della flotta e nel tempo hanno cercato di mettere a punto sistemi infrastrutturali per la ricarica dei veicoli elettrici o ibridi plug-in (vetture con batterie molto grandi che necessitano di colonnine di ricarica).
Alla base delle scelte di sviluppo di una determinata modalità di trasporto pubblico si prospettano di volta in volta soluzioni che esprimono filosofie differenti l’una dall’altra. Quando infatti si parla di elettrico bisogna considerare il quadro delle infrastrutture di ricarica presenti sul territorio e gli ingenti investimenti che bisogna affrontare per implementarli in ottica tpl. Con riferimento al nuovo rapporto sulla mobilità elettrica (E-Mobility Report 2016) dell’Energy & Strategy Group e dell’Istituto Politecnico di Milano in Italia si stimano 9.000 colonnine di ricarica, delle quali circa 1.750 “pubbliche” (20%). Le installazioni sono complessivamente cresciute nel corso dell’ultimo anno di circa 2.500 unità. I punti di ricarica pubblica in particolare hanno fatto segnare un +28% segnando un certo livello di fermento e intervenendo drasticamente su un trend che invece aveva lasciato sostanzialmente costanti le colonnine dal 2013 al 2015.
Dallo studio emerge inoltre che in 92 provincie è presente almeno un punto di ricarica pubblico per veicoli privati e quindi, a prima vista, si potrebbe supporre che la rete infrastrutturale sia capillare e ben ramificata sul territorio nazionale. Tuttavia, approfondendo l’analisi, l’Istituto Politecnico di Milano fa emergere che i punti di ricarica sono concentrati nei principali agglomerati urbani e nelle città con una maggiore propensione verso la “smartness”. Considerando i punti di ricarica dei 4 comuni top a livello italiano si arriva a circa il 40% del totale e ciò dimostra una diffusione dell’infrastruttura di ricarica ancora estremamente eterogenea e frammentaria.
Alla base dello studio dei maggiori costruttori di autobus si susseguono in questi anni molteplici esigenze di produzione. Ridurre le emissioni inquinanti, risparmiare le risorse e garantire la mobilità. Questa è la sfida che diverse metropoli europee hanno raccolto e da cui l’Italia dovrebbe prendere spunto. Considerando infatti che il territorio nazionale conta circa 50.000 bus in circolazione con un’età media di 12 anni, e il 33% di questi è al di sotto di Euro 3, il contesto attribuibile al nostro Paese può rappresentare l’opportunità di una svolta tecnologica.
Ad esempio, la città cinese di Shenzen ha la flotta di mezzi pubblici elettrici più grande del mondo (6.650 bus elettrici che equivalgono al 65% del totale). In Europa Parigi viaggia verso le emissioni zero con il progetto “Bus 2025”. Londra invece ha intrapreso il processo di rinnovamento della flotta bus con l’utilizzo di circa 3.300 double decker ibridi e circa 300 single decker completamente elettrici.
In termini di investimenti emerge quindi un quadro variegato, sia delle possibili strade da intraprendere in un mercato dal grande potenziale sia per quanto riguarda le sperimentazioni che i costruttori europei stanno mettendo in atto. L’autobus del futuro in Italia sarà a trazione elettrica o ibrida? A questa domanda cercheremo di rispondere nelle prossime settimane con una serie di interviste a esponenti del settore.
Andrea Coen Tirelli