Covid a scuola: gli studi (e i dati del ministero dell’Istruzione) scagionano il trasporto
Il rischio di contrarre il Covid-19 utilizzando il trasporto il pubblico è molto basso. Lo affermano numerosi studi internazionali.
A fine ottobre l’Unione Internazionale del Trasporto pubblico (UITP) ha diffuso uno studio basato sui risultati di diversi enti e istituti di ricerca internazionali da cui emerge che applicando le misure raccomandate dalle autorità sanitarie (distanziamento passeggeri, utilizzo di mascherine, aereazione e sanificazione dei mezzi), il rischio si riduce drasticamente.
Nel rapporto sono citati come base i dati dell’ente britannico per la sicurezza ferroviaria (RSSB), secondo cui il rischio di contrarre il Covid-19 durante i viaggi in treno è di 1 su 11.000 viaggi. Ciò equivale a una probabilità inferiore allo 0,01%. Con una copertura del viso, è 1 su 20.000 viaggi e il rischio è stato dimezzato. C’è poi un modello elaborato dall’Università del Colorado Boulder in Nord America, in base al quale il rischio di essere infettati in una metropolitana ben ventilata con una conversazione e un movimento minimi è dello 0% dopo 70 minuti, ed è ancora più basso per un viaggio in autobus.
Nei giorni scorsi, il ministero dell’Istruzione ha risposto all’istanza di accesso generalizzato avanzata dalla testata Wired di sapere quanti sono gli studenti e i lavoratori della scuola risultati positivi al Sars-Cov-2. Al 31 ottobre sono stati 64.980 gli studenti e lavoratori delle scuole elementari, medie e superiori risultati positivi al nuovo coronavirus. I dati sono stati forniti su base comunale e riguardano 2.546 comuni sugli oltre 6.700 sul cui territorio ha sede una scuola, quindi sono presumibilmente dati in difetto ma per i dirigenti scolastici rispondere settimanalmente al questionario era un obbligo.
Sulla base di questi dati, quindi, è facile supporre che l’incidenza reale dei contagi in ambito scolastico sia ben più importante e soprattutto ben lontana da quella correlabile al trasporto pubblico evidenziata dagli studi scientifici.
Nel dettaglio, i dati mostrano che l’incidenza è inferiore negli istituti scolastici in Campania (regione in cui le scuole sono state chiuse più volte) in Veneto e in Friuli Venezia Giulia. I casi hanno un’incidenza simile dentro e fuori dalle aule in Emilia-Romagna, Lombardia e Liguria. Nel resto del Paese, invece, l’incidenza in classe risulta più alta che nella popolazione generale. Naturalmente – precisa la testata – affermare che il contagio sia avvenuto in classe è impossibile vista la mancanza di tracciamento.
Davanti a numeri come questi però, in vista di una possibile riapertura di tutti gli istituti scolastici a partire dal prossimo 7 gennaio diventa quindi molto importante tenere presenti anche i risultati di diversi documenti a proposito dell’altro settore additato negli scorsi mesi nell’opinione comune come luogo privilegiato di possibile diffusione del contagio, i mezzi pubblici.
Il 5 novembre sono stati pubblicati anche i risultati di uno studio italiano realizzato dall’Università di Chieti-Pescara, sulla base di un esperimento condotto dal 12 al 22 maggio scorsi a Chieti, comune situato in quella che è la quinta regione italiana per mortalità per Covid-19 (12,1%). Lo studio ha monitorato l’ambiente all’interno del filobus della linea 1, in pratica la linea più importante della città per numero di passeggeri, poiché copre un percorso di 20 km con 50 fermate dal centro al Campus Universitario e all’Ospedale Santa Annunziata e ritorno. Sono stati prelevati campioni d’aria all’interno dell’autobus tutti i giorni delle due settimane di osservazione, esclusi i fine settimana, durante il turno di linea 1 (5 percorsi) che iniziava alle 12.00 e terminava alle 18.30. A bordo sono stati installati due filtri campione a membrana di gelatina microbiologica di 80 mm di diametro: uno vicino alla biglietteria automatica, l’altro nella parte posteriore dell’autobus.
Durante tutto il periodo di osservazione circa 1100 passeggeri hanno viaggiato sul filobus, con una media di 123 passeggeri per turno di misurazione. Tutti i campioni di superficie sono risultati negativi per due o tutti i geni analizzati. Nessuno dei campioni, sia sulla superficie del bus che nell’aria interna, è risultato “positivo” al virus SARS-CoV-2. Considerando una stima conservativa del 30% di persone infette asintomatiche, dal momento che 123 passeggeri viaggiavano in media ad ogni turno di autobus, lo studio ha stimato che circa 37 persone infette e asintomatiche hanno potenzialmente toccato le superfici campionate alla fine dei viaggi e respirato all’interno dell’autobus mentre lo strumento di rilevazione stava campionando l’aria interna. In questa ipotesi risulta che l’operazione di disinfezione delle mani, utilizzando un distributore di disinfettante a base alcolica all’ingresso dell’autobus, ha mantenuto le superfici e l’aria all’interno dell’autobus sicure e libere dal virus. Lo studio sottolinea come la sanificazione delle mani fosse un requisito rigoroso per salire sull’autobus, allo stesso tempo la compagnia di autobus richiedeva anche di indossare i guanti, come ulteriore precauzione.
In base ai risultati dei campioni di aria analizzati risulterebbe inoltre che la regola di indossare una maschera facciale durante il viaggio e la raccomandazione di tenere i finestrini aperti per consentire un’elevata ventilazione dell’aria, impediscono la diffusione del virus nell’aria all’interno dell’autobus.
I risultati dello studio confermano dunque che – indipendentemente dal fatto che il numero di passeggeri infetti fosse o meno del 30% circa – le misure stabilite per il trasporto pubblico in termini di igiene, ventilazione dell’aria e precauzioni interpersonali (maschera facciale, distanziamento, igienizzazione delle mani) sono efficaci per mantenere sano l’ambiente all’interno degli autobus.