Maldini (EvoBus Italia): con le riforme nuova efficienza per il Tpl
La riforma del codice degli appalti e la legge Madia dovrebbero portare nei prossimi mesi una vera e propria rivoluzione nelle gare per il trasporto pubblico. Ma cosa cambierà effettivamente e, soprattutto, quali saranno i risvolti per i cittadini e per gli utenti del Tpl?
Ne abbiamo parlato con Michele Maldini, direttore commerciale EvoBus Italia (Daimler Buses).
Maldini, dalla Riforma degli Appalti – già sostanzialmente operativa – allo schema di decreto legislativo, attuativo della legge Madia, in materia di servizi pubblici locali di interesse economico, che dovrebbe essere definito entro fine anno, è in atto una vera e propria rivoluzione nel settore degli appalti per il Tpl…
Il progetto di riforma parte dall’idea di fondo di utilizzare un vero e proprio caterpillar per cambiare completamente le regole con alcune scelte davvero drastiche: se hai il bilancio in rosso noi ti privatizziamo; se sbagli a fare gare noi ti togliamo il diritto a farne altre; a controllare le gare (e le loro commissioni) ci saranno sempre funzionari Anac o personale da quest’ente indicato, che non rivestirà più un ruolo di terza parte che “dà consigli” ma potrà diventare arbitro e regolatore. Da queste idee è partito il Governo nel riformulare il codice appalti.
Che tipo di riflesso avrà tutto ciò dal punto di visto operativo?
Vanno pianificati gli acquisti e per chi ha operato in maniera trasparente è un vantaggio, grazie alla programmazione e censimento dei mezzi disponibili.
Grazie al nuovo schema di decreto non è più possibile fare gare tanto per farle: c’è bisogno di razionalizzazione e di regolamentazione. Inoltre la nascente legge “Madia” ha tolto di fatto i vincoli sulla destinazione d’uso: diventano noleggiabili senza conducente anche i veicoli trasporto collettivo sopra i 9 passeggeri. Questa apertura rimette immediatamente in moto l’industria che produce autobus facendo tirare un sospiro di sollievo al trasporto pubblico: le aziende che oggi sono messe in ginocchio dai costi di manutenzione di veri e propri pezzi da museo su gomma, e prive di contratti di servizio che gli consentono di ipotizzare investimenti a lungo termine, potranno noleggiare bus nuovi per il periodo che li separa dalla indizione di una nuova gara per l’affidamento delle linee.
Ci può fare qualche esempio?
Evitando di identificare il cliente, ma si parla di nord-ovest, per mantenere su strada veicoli di quasi vent’anni il costo di manutenzione a caduta si aggira intorno ai 48.000 euro annui. Un euro 0, oltre all’impatto che ha sull’ambiente in termini di inquinamento, consuma fino a 4 volte più di un euro 6. Và da sé che anche i costi per il carburante lievitano. E l’utenza è poco incentivata all’utilizzo del mezzo pubblico, a meno che non siano appassionati di mezzi di trasporto storici.
Se questa riforma sarà gestita bene potrebbe esserci una svolta per l’intero settore. All’interno di una rata di noleggio ci sarà il valore della vettura e il valore dell’assistenza, e non sarà più possibile inserire costi accessori come quelli legati ai corsi di formazione o ricambi. In pratica le case potranno concentrarsi sulla creazione di un prodotto standard pronto all’uso, gestito in maniera trasparente e con conseguente ottimizzazione dei costi.
Tra i servizi per i quali si utilizza un parco veicoli particolarmente vetusto ci sono gli scuolabus. Sul trasporto scolastico, tra l’altro, EvoBus Italia è impegnata in prima persona con la campagna Sicurezza 10&Lode promossa da Anav. Quali riflessi avranno questi provvedimenti sul comparto?
Il servizio scuolabus è un servizio “quasi a rimessa”, poiché a fronte dell’investimento necessario per acquistare uno scuolabus prevede solamente pochi chilometri percorsi al mattino e al pomeriggio. E solo questi chilometri sono retribuiti. Inoltre, i contratti di servizio durano normalmente troppo poco per poter ammortizzare un investimento, con il rischio aggiuntivo che – terminato il periodo di affidamento – i mezzi utilizzati per il servizio non servano più agli operatori poiché il servizio stesso è stato affidato ad un altro operatore. Per questi motivi nel panorama degli scuolabus circolanti in Italia troviamo qualsiasi mezzo su gomma riverniciato di giallo, paradossalmente laddove la maggior cura in termini di sicurezza sarebbe richiesta (trasportano bambini!) gli operatori sono di fatto costretti ad utilizzare ciò che gli costa meno mettere in strada. E’ evidente che se questi mezzi potessero essere noleggiati, il costo del noleggio rifletterebbe il basso chilometraggio richiesto e l’utilizzo di mezzi nuovi non rappresenterebbe un rischio per l’operatore del servizio. I ragazzi viaggerebbero su mezzi sicuri e sempre nuovi. E poi ne gioverebbe il costruttore che programmerebbe la fabbricazione di nuovi mezzi.
Il mercato del Tpl è oggi ingessato anche dalla pratica comune del ricorso del concorrente perdente…
Anche su questo interviene il Governo, parlandoci di un eccessivo numero di stazioni appaltanti esistenti. Va da sé che la competenza di più di 30.000 stazioni appaltanti non può essere sempre di altissimo livello, a volte decisamente sotto la soglia di accettabilità. Sono quindi pubblicate gare sia per l’affidamento sei servizi di linea che per l’acquisto dei bus che, peccato originale, sono dal principio viziate da errori a volte macroscopici. Si perde tempo, si sperperano risorse per prendere parte ad una corsa quasi consapevoli sin dalla partenza che il risultato sarà oggetto di ricorso e contestazione. I vizi di forma in questo ultimo periodo si sommano a situazioni rasenti il ridicolo: per questi motivi l’intero comparto TPL delle Regioni Toscana e Friuli (avete capito bene, di Regioni intere) come della Provincia di Pavia è “congelato ed in attesa di giudizio”, a suon di ricorsi, a volte da più di due anni. Costruire una gara europea non è affatto semplice, ed in questi ultimi anni abbiamo avuto evidenza oggettiva che solo pochissime stazioni appaltanti sono in grado di pubblicare impianti di gara formalmente ineccepibili e resistenti ad azioni di ricorso strutturate.
Ma se passasse lo schema di decreto che circola, insieme con la riforma degli appalti pubblici già operativa, il rischio non è un blocco degli appalti pubblici?
Uno degli effetti potrebbe essere, nel breve periodo, anche questo. Di fatto, in un panorama di gare esperite ma non aggiudicate o bloccate per effetto di ricorsi, non cambierebbe proprio nulla. Anzi. Per costruire un procedimento di gara pubblica seguendo il nuovo codice appalti (ancora in fase di perfezionamento, lo abbiamo visto) occorre un livello di attenzione e competenza che determinerà una “selezione naturale” delle stazioni appaltanti. Pochi appalti (ma corretti e buoni) son certamente meglio di tanti ma inconcludenti e dispendiosi.