Presentata a Roma la road map per la mobilità sostenibile e la decarbonizzazione
Pianificare il futuro, valutare le policy attraverso strumenti di analisi integrata, che ne considerino i molteplici effetti, coordinare e omogeneizzare gli interventi, supportare il raggiungimento degli obiettivi attraverso la diversificazione delle tecnologie: sono le raccomandazioni al Governo emerse durante la presentazione della road map sulla mobilità sostenibile. In particolare le indicazioni suggeriscono quali possano essere le leve da utilizzare per gestire l’evoluzione della mobilità in relazione agli obiettivi nazionali di decarbonizzazione, qualità dell’aria e salute dei cittadini e promozione della competitività delle filiere nazionali.
La Presidenza del Consiglio, nel giugno dello scorso anno aveva istituito un tavolo tecnico finalizzato a raccogliere il punto di vista di diverso stakeholder del settore e avviare una prima discussione sul tema della mobilità; in tal senso il supporto tecnico-scientifico di Rse (Ricerca sistema energetico) si è dimostrato all’altezza della sfida in questione. La road map è partita da un’analisi dello stato dell’arte della mobilità in Italia, sia a livello normativo ed economico che di sviluppo delle diverse filiere tecnologiche, e dei suoi sviluppi futuro con l’elaborazione di scenari al 2030. Uno strumento che potrà essere utilizzato dal decisore politico come supporto tecnico alle future decisioni di policy.
Sul settore dei Trasporti in Italia “la vetustà del parco macchine è impressionante”. Questo è commento del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti “Il nostro parco macchine è molto più vecchio di quello di altri paesi, soprattutto quello pubblico e quello commerciale”, ha continuato Galletti aggiungendo che in questo settore le policy “non ci sono ancora, ma è chiaro che bisogna arrivare a un ammodernamento del parco macchine privato, il settore ha bisogno di un’attenzione particolare, vedremo come e quando fare qualcosa”. Il ministro Galletti ha poi aggiunto che sui temi ambientali legati alle strategie di mobilità sostenibile e non solo “facciamo fatica con gli strumenti che abbiamo oggi a disposizione a stare dietro alle accelerazioni, ecco perché abbiamo bisogno di ricorrere di più alla scienza, abbiamo sempre più bisogno di ricerche sui temi ambientali”, ha concluso.
“Spero che ci sia la capacità di ripristinare questo modo di lavorare, cioè riuscire a fare una sintesi tra le diverse amministrazioni coinvolte sul tema per trovare un interscambio efficacie – ha detto Stefano Besseghini, presidente e amministratore delegato di Rse – il grande merito di questo progetto è mettersi a disposizione per un lavoro congiunto. Adesso, se parte di questo lavoro entra all’interno della Sen (Strategia energetica nazionale) ci sembra un risultato significativo. Vuol dire che almeno una parte di analisi sarà condivisa. Bisogna mettere a punto gli strumenti. E’ un aspetto che spetta essenzialmente alla politica, ma mi pare che i trend su cui innescare il ragionamento li abbiamo indicati abbastanza chiaramente”.
Besseghini immagina quella del futuro come “una mobilità in cui il servizio che chiede l’utente prescinde dal mezzo. E’ un po’ come l’alta velocità ha cambiato il modo di gestire gli spostamenti Roma-Milano e come questo ha impattato la vita di molti professionisti, prima vincolati ad alcune scelte obbligate. Ora si è aperto un panorama di scelte maggiori. L’utente è indifferente allo strumento tecnologico, tende a soddisfare un proprio bisogno di costo e di tempo. La mia sensazione, supportata per esempio da quello che le case automobilistiche stanno facendo, immaginandosi da venditori di oggetti, le auto, a erogatori di servizi, è che il soddisfacimento del bisogno di spostamento, e non la tecnalità legata allo strumento che si utilizza, sarà il cambio più importante”.
Il presidente e amministratore delegato di Rse ha inoltre sottolineato che “tutte le volte che si porta un sistema a essere gestito complessivamente rispetto al fatto di affidarsi alle scelte dell’utente singolo migliora l’impatto che questo ha su una serie di indicatori, ambientali ed economici. Quello che abbiamo fatto non è un vero lavoro di ricerca, ma di supporto per mettere assieme vari stakeholder. Questo ha permesso di indentificare spazi che invece la ricerca dovrebbe presidiare. Il principale è l’elaborazione di un modello di scenario che abbiamo avuto l’evidenza non esserci. Questo è il primo lavoro da mettere a punto in tempi ragionevoli”.