6° Forum Internazionale Conftrasporto: la via intermodale per un futuro sostenibile
L’autotrasporto negli ultimi 30 anni ha ridotto del 30% le emissioni di Co2, contro il 20% dell’intera economia, e nel solo 2021 il 41,1% delle imprese dichiara di aver acquistato mezzi a minor impatto ambientale, il 18,1% ha compiuto azioni meno inquinanti, il 17% migliorato la capacità di carico di veicoli. Ma Il 97% dei camion immatricolati nel 2020 è ancora diesel e continua a pagare tributi sproporzionati per le emissioni climalteranti, mentre l’era dell’idrogeno verde è ancora lontana.
Il report è stato fornito dal Rapporto dell’Ufficio Studi di Confcommercio sui trasporti e la sostenibilità e dal documento Isfort sulla ‘Transizione ecologica dei Trasporti e della logistica, e l’intermodalità’, presentato a Roma al 6° Forum Internazionale di Conftrasporto-Confcommercio.
Al centro dell’evento, gli obiettivi Green deal e Fit for 55 legati alle emissioni di gas climalteranti fissati al 2050.
Nella transizione green l’autotrasporto sta facendo la sua parte: contribuisce soltanto per una quota inferiore al 5%, alle emissioni totali.
Il 41% delle imprese di autotrasporto ha acquistato mezzi a minor impatto ambientale; il 18% ha cercato di compiere azioni meno inquinanti, il 17% di migliorare la capacità di carico dei veicoli.
Tra il 1991 e il 2017, i mezzi pesanti in Italia hanno ridotto le emissioni di gas climalteranti del 30%, contro il 20,4% dell’intera economia.
Ma per Conftrasporto la via da seguire resta quella dello sviluppo dell’intermodalità attraverso terminal attrezzati e misure incentivanti come il marebonus/ferrobonus-magari da ottimizzare in alcuni aspetti operativi. “Lo sviluppo dell’intermodalità è una via obbligata e rappresenta una soluzione organizzativa, già disponibile, che può assicurare grandi benefici sul fronte dell’efficienza e della sostenibilità del trasporto”, scrive l’associazione
Un futuro elettrico?
Le soluzioni full electric hanno limiti di autonomia nelle lunghe distanze (oltre i 300 Km) e nei tempi di ricarica (minimo 5 ore). Non solo: per avere un’autonomia adeguata, un camion ad alimentazione elettrica avrebbe bisogno di un pacco di batterie da 15 tonnellate. In più, se si facesse viaggiare il parco-camion mondiale a batteria, per alimentarlo basterebbe a mala pena l’intera produzione globale di energia rinnovabile. Se tutti i camion del mondo andassero a idrogeno, il fabbisogno di energia elettrica rinnovabile sarebbe addirittura doppio rispetto all’attuale produzione.
Nelle lunghe distanze, accanto alla certezza del diesel, ci sono i biocarburanti e il GNL.
Solo in prospettiva molto lontana si potrà confidare sull’idrogeno verde, l’unico in grado di rispondere all’obiettivo ‘emissioni zero’. Nel frattempo, scrive l’associazione, servirebbe un maggior sostegno alla sostituzione del parco circolante con i mezzi più ‘puliti’ attualmente a disposizione.
Lo stesso vale per il settore marittimo, al quale è imputabile una quota inferiore al 3% di tutte le emissioni globali di CO2, e che in 10 anni (2008-2018) ha visto scendere le emissioni del trasporto merci internazionale del 6,8%. Un risultato ragguardevole -se si considera che nello stesso periodo le merci trasportate sono aumentate del 33,9%, frutto dell’efficacia dell’azione degli organismi internazionali preposti al governo del settore, come l’IMO, che non vanno scavalcati con iniziative più stringenti limitate dalla dimensione europea (come alcune misure del pacchetto FIt for 55), che rischierebbero di essere inefficaci e distorsive.
Sostituire una flotta non è banale: le navi hanno un ciclo di vita pluridecennale e di quelle in costruzione soltanto il 12% sarà alimentato con carburanti alternativi, perlopiù Gas Naturale Liquefatto (GNL), che consente l’abbattimento tra l’80% e il 100% di alcune tra le sostanze più inquinanti, e che però è pur sempre un combustibile fossile.
L’elettrificazione delle banchine (cold ironing) è un’iniziativa pregevole, ma andrebbe concentrata nei porti scalati dalle navi che potrebbero maggiormente avvantaggiarsi da questa alimentazione, avendo cura di incentivare contestualmente anche l’adeguamento del naviglio all’utilizzo del cold ironing.
Le strozzature che limitano la competitività del ferro
Il trasporto su ferro è il nodo cruciale su cui si concentra buona parte del Pnrr. Per Conftrasporto, è necessario eliminare le strozzature che limitano la competitività del ferro: dai limiti di sagoma a quelli della lunghezza dei binari nei terminal, dalla mancanza di elettrificazione alle carenze dei collegamenti di “ultimo miglio”. Va posta attenzione al rilancio di tutti i nodi logistici che possono generare traffici: certamente i porti e gli interporti, ma anche i terminal e i raccordi ferroviari.
Resta ferma l’esigenza di rendere strutturali gli incentivi al trasporto combinato, così come il cosiddetto “sconto traccia” per l’accesso alla rete ferroviaria e potenziare le misure di sostegno alla formazione del personale del comparto, per contrastare con più efficacia la carenza di macchinisti e di autisti.