Anita: troppi costi per le imprese, rischio delocalizzazione
“Bisogna rendere strutturali le misure sulla riduzione del costo del lavoro e prevedere sgravi contributivi alle imprese che assumono padroncini che vogliono lasciare l’attività e a coloro che si impegnano a rendere stabile l’occupazione o ad incrementare livelli occupazionali”. Lo ha affermato Eleuterio Arcese, presidente di Anita, nel corso dell’Assemblea dell’associazione a Taormina. La riflessione è partita dal costo del lavoro troppo alto e dal conseguente rischio delocalizzazione: la tassazione e i costi elevati hanno raggiunto livelli insostenibili nel nostro Paese. Nel 2011 la pressione fiscale sulle imprese è arrivata al 68,5%. L’Italia ha il primato della pressione fiscale sul costo del lavoro con il 42,3% a fronte di una media europea del 33,4%. A queste condizioni è difficile competere e per le imprese italiane è forte il rischio di destrutturazione e delocalizzazione. Sono le imprese con dipendenti ad essere maggiormente penalizzate dall’elevato costo del lavoro e molte di queste sono spinte a spostare la propria attività all’estero dove i costi sono molto più bassi. “Non possiamo accettare che ciò avvenga, dobbiamo creare le condizioni affinchè le imprese forti restino in Italia – ha dichiarato il presidente di Anita, Eleuterio Arcese – per il nostro Paese oltretutto sarebbe una grave perdita in termini di entrate tributarie, fiscali e di posti di lavoro. Ne risentirebbe l’intero sistema economico già fortemente debole”. Su cento veicoli immatricolati all’estero, ad esempio, l’erario “perderebbe quasi otto milioni di euro l’anno: numeri che fanno riflettere e devono spingerci ad accelerare i processi di riforma del settore e di riduzione dei costi e livelli di tassazione”. (P.C.)