Autotrasporto, non è carenza autisti ma crisi condizioni di lavoro. Le opinioni dei camionisti
Ecco quali sono, secondo i camionisti, i reali motivi della carenza di autisti di mezzi pesanti
Secondo i camionisti non si deve parlare di carenza autisti di mezzi pesanti nel settore autotrasporto, ma si deve parlare, piuttosto, di una crisi generale di condizioni di lavoro.
Centinaia di camionisti hanno condiviso opinioni, esperienze reali, dati e riflessioni personali che restituiscono un quadro radicalmente diverso rispetto a quanto evidenziato nel nuovo rapporto IRU 2024 sulla carenza di autisti.
Dai commenti dei camionisti, emergono con chiarezza le cause della disaffezione verso la professione di autotrasportatore e le difficoltà che stanno portando a una crisi strutturale del settore dell’autotrasporto in Italia.
Carenza autisti autotrasporto, i camionisti contestano
Tra i temi evidenziati dai camionisti c’è proprio l’uso dell’espressione “carenza autisti”, che molti considerano una formula fuorviante e strumentale, ricorrente nel dibattito pubblico e nelle dichiarazioni delle imprese di autotrasporto.
Secondo gli autisti di mezzi pesanti, questa espressione sposta la responsabilità della crisi dal sistema ai lavoratori, oscurando i veri motivi per cui sempre meno persone scelgono o restano in questo mestiere.
L’idea che il settore dell’autotrasporto sia in difficoltà per la carenza di autisti di mezzi pesanti non è neutra. Lascia intendere che il problema sia la disponibilità di autisti di mezzi pesanti, quando invece, come testimoniano decine di opinioni, la vera carenza riguarda le condizioni offerte per questo lavoro.
“I camionisti ci sono, ma non a queste condizioni”, si legge in diversi commenti.
Contratti inadeguati, retribuzioni insufficienti, orari insostenibili, mancanza di aree di sosta, di servizi e sicurezza: è su questi fattori che il settore dell’autotrasporto dovrebbe intervenire, anziché continuare a insistere su una narrativa che molti camionisti definiscono non solo sbagliata, ma quasi offensiva. I camionisti chiedono che si cambi approccio: non è una carenza di autisti di mezzi pesanti, ma una crisi di dignità professionale nel settore dell’autotrasporto.
Al centro della contestazione dei camionisti anche un messaggio inequivocabile: lo stipendio è uno dei principali problemi e non un aspetto marginale.
Carenza autisti: per i camionisti lo stipendio è un problema
È questa la frase più ricorrente nei commenti dei camionisti. Gli autisti di mezzi pesanti denunciano che lo stipendio è inadeguato rispetto all’impegno richiesto, alle responsabilità quotidiane e ai sacrifici personali. La carenza autisti mezzi pesanti dipende anche da questo fattore.
In particolare, viene evidenziato che lo stipendio effettivo di un camionista, spesso tra i 1.500 e i 1.800 euro netti, non riflette né le ore lavorate né il disagio delle trasferte.
Molti autisti di mezzi pesanti sottolineano che, tra pasti fuori casa, docce a pagamento, gestione personale fuori casa e tempi morti non retribuiti, ciò che rimane in tasca della paga è del tutto insufficiente. Le trasferte dei camionisti, pur costituendo la parte più disagevole della giornata, sono compensate in modo simbolico, senza alcun ritorno a livello previdenziale.
Ore di lavoro effettive dei camionisti ignorate
Uno dei problemi più gravi segnalati, che porta alla carenza di autisti di mezzi pesanti, riguarda la differenza tra l’orario contrattuale e le ore realmente lavorate. In molti casi si registrano giornate da 13 o 15 ore, ma la busta paga riporta solo le 8 ore “ufficiali”, con il resto coperto da una trasferta forfettaria.
Questo sistema incide pesantemente sia sulla retribuzione reale, sia sul futuro pensionistico degli autisti di mezzi pesanti, che accumulano anni di lavoro non pienamente riconosciuto. Alcuni raccontano che, dopo decenni alla guida, ricevono pensioni inferiori ai 1.300 euro mensili.
Autisti mezzi pesanti: lavoro logorante, tra disagi e pressioni continue
Dalle testimonianze dei camionisti emerge con forza la fatica quotidiana e il logoramento psicofisico di chi lavora su strada. I camionisti raccontano notti trascorse nei parcheggi, spesso in condizioni precarie, ore di attesa ai terminal, carichi e scarichi in assenza di supporto, ritmi serrati e solitudine prolungata.
Molti evidenziano, come motivazione della carenza di autisti di mezzi pesanti, la mancanza di rispetto nei confronti della categoria, soprattutto nei punti di carico, dove il camionista viene spesso trattato come un intralcio. La vita degli autisti di mezzi pesanti, in cabina, lontano da casa per giorni, in spazi ristretti e sotto stress continuo, è descritta come una condizione invisibile agli occhi di chi prende decisioni.
Pressioni aziendali e tempi di consegna irrealistici
Tra i temi più ricorrenti, nei commenti dei camionisti, le pressioni aziendali legate alle consegne: orari non sostenibili, margini ristretti, attese che si scaricano tutte sull’autista. I camionisti raccontano di essere spesso costretti a forzare i tempi di guida, comprimere le pause o saltare i riposi per evitare sanzioni, ritardi o penalizzazioni economiche.
La responsabilità operativa ricade interamente sui camionisti, senza che vengano riconosciuti i vincoli oggettivi del traffico, del meteo o dei ritardi logistici. Una dinamica che mette a rischio la sicurezza e alimenta stress e tensione.
Rischio e responsabilità degli autisti senza tutele
Un altro fattore da tenere in considerazione, tra le cause della carenza di autisti di mezzi pesanti. e che il lavoro del camionista comporta un’elevata responsabilità. Mezzi pesanti, merci a volte pericolose, carico e scarico in autonomia, rispetto di normative complesse e attenzione costante alla sicurezza. Tuttavia, questo livello di impegno non è valorizzato né dal punto di vista retributivo né contrattuale.
Molti camionisti fanno notare che un errore minimo può costare la sospensione o la revoca della patente, con conseguenze devastanti per chi ha costruito tutta la propria carriera su questo mestiere.
Il confronto con il passato
Diversi camionisti ricordano con amarezza che negli anni ’80 e ’90 il mestiere era ben pagato e rispettato. Oggi, invece, il potere d’acquisto è drasticamente diminuito, mentre aumentano i costi, le pressioni e le responsabilità. A parità di ore, si guadagna meno di un tempo e si vive peggio. Alcuni propongono come soglia minima di sostenibilità uno stipendio netto di almeno 2.500–3.000 euro, in particolare per chi lavora su tratte lunghe o resta fuori casa per più giorni.
Costi per patente, CQC, corsi e rinnovi
Tra gli ostacoli principali segnalati c’è anche il costo per diventare e rimanere camionisti professionisti. Le patenti C, CE, la CQC, la carta tachigrafica e, in molti casi, l’ADR, richiedono un investimento iniziale che può superare i 7.000 euro. A questo si sommano rinnovi periodici, visite mediche, corsi obbligatori di aggiornamento, tutti a carico dell’autista.
Questi costi sono spesso inaccessibili per i giovani, e non vengono riconosciuti dalle aziende né sul piano retributivo né su quello contrattuale. Per molti, è una barriera che scoraggia l’ingresso nel settore dell’autotrasporto.
Carenza di autisti di mezzi pesanti: giovani esclusi e formazione assente
La categoria dei camionisti lamenta anche l’assenza di percorsi strutturati per i nuovi ingressi. Chi ottiene la patente spesso non trova aziende disposte ad affiancarlo, perché “senza esperienza”. Così si alimenta un circolo vizioso: le aziende cercano autisti esperti, ma non formano i giovani. Contribuendo direttamente alla carenza di personale qualificato nel settore dell’autotrasporto.
Aree di sosta insufficienti e condizioni di riposo inadeguate
Molti camionisti segnalano la carenza cronica di aree di sosta attrezzate e sicure, in particolare per chi effettua trasporti a lunga percorrenza. Trovare un parcheggio dove fermarsi per la notte è spesso una sfida. In molti casi gli autisti sono costretti a dormire in aree di fortuna, su piazzole di emergenza o presso stazioni di servizio non attrezzate.
Questa situazione compromette la qualità del riposo e la sicurezza personale, oltre a generare stress aggiuntivo alla fine di giornate già lunghe e impegnative. In un lavoro che richiede lucidità, responsabilità e attenzione costante, la mancanza di strutture adeguate alle pause rappresenta un elemento critico troppo spesso trascurato.
Sfiducia nelle istituzioni, nei media e nella rappresentanza
Una parte delle testimonianze dei camionisti esprime una sfiducia profonda verso istituzioni, media e sindacati. I camionisti sentono di non essere rappresentati adeguatamente: le decisioni vengono prese “dall’alto”, senza ascoltare chi vive il lavoro su strada ogni giorno.
Anche i sindacati sono percepiti come distanti, spesso più vicini alle aziende che ai lavoratori. Molti chiedono una nuova forma di rappresentanza autonoma della categoria, indipendente, concreta e capace di difendere i diritti degli autisti senza compromessi.
Proposte e alternative per risolvere la carenza di autisti di mezzi pesanti
Le proposte non mancano: revisione del contratto collettivo, adeguamento delle retribuzioni alle ore effettive lavorate, riconoscimento pieno delle trasferte anche a fini pensionistici, incentivi per l’assunzione di giovani, e soprattutto maggior rispetto per il lavoro svolto dagli autisti.
Alcuni propongono scioperi di categoria o mobilitazioni collettive. Altri sottolineano la necessità di un tavolo istituzionale nazionale che coinvolga direttamente i camionisti, e non solo le rappresentanze datoriali.
I camionisti non sono semplici “conducenti”: sono professionisti essenziali per l’economia e la vita quotidiana del Paese. E oggi lo dicono con chiarezza: lo stipendio è il problema, ma non l’unico. La vera emergenza è il mancato riconoscimento della loro realtà.
Continua a leggere: Autotrasporto: carenza autisti mezzi pesanti, lo stipendio non è il problema