Autotrasporto, Giachino: impianto costi minimi resta valido
La sentenza della Corte Europea non boccia le motivazioni politiche e sociali del legislatore italiano. Lo scrive Bartolomeo Giachino, responsabile nazionale Trasporti di Forza Italia, che aggiunge: “La sentenza della Corte europea sui costi minimi della sicurezza si offre a due tipi di lettura, quella giuridica e quella politica. Premetto che il sistema di determinazione di una parte del costo, introdotto dall’articolo 83-bis nella sua originaria formulazione dell’agosto del 2008 e valido solo per i contratti verbali, non è stato in alcun modo intaccato dalla sentenza della Corte, che si è pronunciata soltanto nei limiti di quanto richiesto dal TAR avente ad oggetto i commi 4 e 4-bis come modificati dalla legge n.127 del 2010, ossia i c.d. costi minimi della sicurezza validi per i contratti scritti. Se la guardiamo invece dal punto di vista politico la sentenza della Corte non smentisce assolutamente le motivazioni del mio Governo, può divergere su alcuni modi, ma non contesta il motivo di fondo che sta alla base sia dell’art.83 bis che delle modifiche che seguono e in particolare a quelle contenute nella Legge 127/2010”.
Intento del Governo, spiega ancora Giachino, era riequilibrare un rapporto impari tra committente e trasportatore, considerati anche gli aumenti del gasolio e la speciale conformazione orografica dell’Italia, nonché le caratteristiche del sistema economico e produttivo.
“La normativa europea dei tempi di guida e riposo trova da noi difficoltà strutturali nella sua applicazione (le isole, i tempi dei traghetti, la distanza Nord Sud etc.) di cui a Bruxelles non vi è stata assoluta contezza. Non a caso ci vollero oltre otto anni per redigere il regolamento di attuazione della Legge delle tariffe a forcella, una delle leggi meno attuate e con tanto contenzioso – aggiunge il responsabile FI -. Il superamento di quella legge con la liberalizzazione del 2005, purtroppo, non ha risolto i problemi se poco più di due anni dopo il Paese venne bloccato dallo sciopero dei tir e se due esponenti politici autorevoli e di chiara convinzione europeista, come Romano Prodi e Enrico Letta, teorizzarono e firmarono un documento sulle tariffe antidumping per chiudere il fermo. Quando il giudice interviene così massicciamente su una Legge approvata dal Parlamento, dovrebbe aver presente molto di più di quanto non abbia fatto, le intenzioni politiche che ne stavano alla base e che come si dice stanno alla base della interpretazione quotidiana della legge. Era sufficiente leggere tutta la legge 127, che mi onoro di aver fatto approvare nel 2010,per capire che volevo migliorare la organizzazione del sistema trasportistico italiano, in equità e in sicurezza, non ledere il Dio mercato. Cosi come doveva essere valutato lo sforzo fatto nel nuovo Codice della Strada (legge 120/2010) a proposito di sicurezza stradale. Se i giuristi e i consiglieri delle Autority come l’Antitrust esperimentassero il difficile compito della regolazione politica con i loro giudizi sarebbero meno tranchant e con il dispositivo, anche loro con umiltà, potrebbero aiutare Parlamenti e Governi. La sentenza è, comunque, chiara su alcuni aspetti, ma non boccia l’impianto della norma se conferma la sua posizione favorevole sulle tariffe a forcella. La diversità delle interpretazioni che ne danno non solo le varie associazioni di categoria (ognuna a difesa dei propri interessi) ma gli stessi giuristi, mi confermano che è assolutamente necessario individuare una nuova sintesi che tenga conto dei lavori e degli errori del tavolo a tre del 2010 e della grande occasione persa il 9 giugno del 2011 quando la committenza firmò un documento importante che avrebbe potuto essere valutato meglio dalle associazioni dell’autotrasporto. Per questi motivi – conclude Giachino – mi fa molto piacere che nei commenti della Committenza sia di Confindustria che della Confetra via sia ampia disponibilità al dialogo e al confronto con chi rappresenta l’autotrasporto. Ha infatti ragione Il Presidente di Anita, Baumgartner, quando sostiene che la sentenza non risolve i problemi che avevano dato origine ai costi minimi”.