Brexit: 23 associazioni dell’automotive europea chiedono un accordo di libero scambio tra UE e UK
A sole 15 settimane dalla fine del periodo di transizione della Brexit, l’industria automotive europea lancia un appello per chiedere che la Gran Bretagna e l’Unione Europea, si assicurino un accordo di libero scambio senza ulteriori posticipi.
“I negoziatori di entrambe le parti – scrivono le associazioni di settore che hanno promosso l’appello – devono ora fare tutto il possibile per evitare un’uscita senza accordo al termine della transizione, che, secondo gli ultimi calcoli, costerebbe al settore pan-europeo dell’automotive qualcosa come 110 miliardi di Euro di perdite a livello commerciale nei prossimi cinque anni, mettendo a rischio posti di lavoro in un settore che garantisce occupazione a 14,6 milioni di persone, 1 posto di lavoro su 15 sia in UE che in UK”.
Le principali associazioni che rappresentano i costruttori di autoveicoli e di componenti dell’Unione Europea, ACEA (Associazione europea dei costruttori di autoveicoli) e CLEPA (Associazione europea della componentistica automotive), insieme a 21 associazioni nazionali comprese l’associazione inglese dell’automotive (SMMT), l’associazione dell’industria automotive tedesca (VDA), il comitato dei costruttori di auto francese (CCFA) e la Plateforme automobile francese (PFA) avvertono oggi “che il settore potrebbe subire pesanti ripercussioni. Infatti, l’economia e i posti di lavoro al di là e al di qua della Manica rischiano un secondo devastante colpo, derivante dall’assenza di un accordo, che andrebbe ad aggiungersi ai circa 100 miliardi di euro di valore della produzione persi finora, quest’anno, a causa della crisi dovuta al coronavirus”.
Senza un accordo al 31 dicembre, entrambe le parti sarebbero costrette a commerciare secondo le cosiddette regole non preferenziali dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), tra cui un dazio del 10% sulle auto e fino al 22% su veicoli commerciali leggeri e autocarri.
“Queste tariffe doganali – molto più alte dei ridotti margini della maggior parte dei produttori – dovrebbero quasi certamente essere trasferite sui consumatori, rendendo i veicoli più costosi, riducendo le possibilità di scelta e incidendo sulla domanda. Inoltre, anche i fornitori automotive e i loro prodotti saranno colpiti da queste tariffe che renderanno la produzione più costosa oppure porteranno ad un aumento delle importazioni di componenti da altri Paesi competitivi”.