Distacco transnazionale: obblighi per le imprese in materia di conservazione dei documenti
Il distacco transnazionale dei lavoratori è una realtà sempre più diffusa nell’Unione Europea, con imprese che inviano i propri dipendenti all’estero per svolgere temporaneamente le proprie mansioni. Tuttavia, l’incremento di queste attività ha portato con sé una serie di questioni legate alla gestione della documentazione.
Il decreto legislativo n.136/2016 ha introdotto specifici obblighi per le imprese distaccanti, in linea con la direttiva UE n.67/2014. In particolare, durante il periodo di distacco e fino a due anni dalla relativa cessazione, l’impresa distaccante deve conservare la comunicazione pubblica in lingua italiana di instaurazione del rapporto di lavoro o documentazione equivalente, nonché il certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile.
Tuttavia, la definizione di “documentazione equivalente” è stata oggetto di interpretazioni diverse, fino all’emissione della Circolare INL n.1 del 15.2.2023 da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Contrastare le fattispecie di distacco transnazionale non autentico
Secondo quanto chiarito nella circolare, la documentazione equivalente oggetto di verifica durante l’attività di controllo è l’attestazione della richiesta del modello A1, ovvero il certificato che attesta la posizione previdenziale nel Paese di provenienza del lavoratore. Tale certificato viene effettuato dall’impresa distaccante all’autorità di sicurezza sociale dello Stato membro di provenienza del lavoratore stesso.
In pratica, l’impresa distaccante deve garantire che il lavoratore sia in regola con la normativa previdenziale del proprio Paese di origine e deve conservare la documentazione comprovante tale regolarità per tutta la durata del distacco e per i due anni successivi.
La disposizione nasce per la prevenzione e il contrasto delle fattispecie di distacco transnazionale non autentico, poste in essere da imprese stabilite in un altro Stato membro o in un Paese extra UE.