Idrogeno: ecco perché è ancora il futuro per camion e autobus
Stiamo vivendo un’importante fase storica contrassegnata, in particolare sotto i profili economico e sociale, dalla rivoluzionaria concezione della “transizione energetica”. Un nuovo mondo in cui la produzione energetica abbandona l’utilizzo di fonti fossili in favore di elementi rinnovabili come il sole, l’acqua e il vento.
Ridurre l’impatto umano sull’ambiente è ormai una condizione imprescindibile per preservare l’equilibrio del pianeta, in realtà già abbondantemente intaccato dalle emissioni di anidride carbonica. Per questo l’Unione europea si è impegnata a definire target sfidanti che in primo luogo chiamano le imprese a ripensarsi profondamente in vista dell’ambizioso obiettivo della carbon neutrality entro il 2050.
Si inquadra in questo scenario l’idrogeno, che potrebbe assumere un ruolo chiave nella decarbonizzazione dei trasporti pesanti. Ne abbiamo parlato in un’intervista esclusiva per Trasporti-Italia con il docente Claudio Somaschini, ingegnere meccanico e ricercatore presso il Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano, nonché professore del corso “Mobility: Infrastructures and Services”.
- Potrebbe descriverci in sintesi le caratteristiche dell’idrogeno come fonte/vettore di energia?
“L’idrogeno è un vettore di energia così come lo sono le diverse tipologie di carburante oggi utilizzate. Per quanto riguarda il suo utilizzo nei veicoli, l’idrogeno oggi non viene bruciato in un motore a combustione interna per produrre il moto, ma viene utilizzato da pile a combustibile (la ormai famose fuel cell in inglese) per produrre elettricità (processo che produce acqua come prodotto di scarto). Elettricità che poi viene utilizzata da un motore elettrico per muovere il veicolo. Per questo i moderni veicoli a idrogeno sono chiamati FCEV (Fuel Cell Electric Vehicle) poiché in realtà sono dei veicoli elettrici che utilizzano l’idrogeno al posto delle batterie per stoccare l’energia.
Sebbene l’idrogeno sia l’elemento più diffuso nell’universo, la sua presenza in natura sottoforma di gas, così come viene utilizzato nel mondo dei trasporti, è irrisoria. Per questo, contrariamente agli idrocarburi classici, è necessario produrlo. Vi sono diversi metodi per produrlo, i più economici, e quindi più utilizzati, utilizzano il gas naturale e presentano almeno due grosse problematiche: si basano su un elemento di origine fossile, non rinnovabile; producono grandi quantità di CO2. Il metodo più semplice, più costoso e quindi meno utilizzato, ma sul quale si effettuano più ricerche oggi, è l’elettrolisi dell’acqua; fornendo energia elettrica all’acqua, questa si separa nei suoi due componenti ossigeno e idrogeno.
Grazie all’elettrolisi è possibile dar luogo a un ciclo di produzione e utilizzo dell’idrogeno che parte da, e si conclude in, acqua ed energia.
Questo ciclo, purtroppo, oggi ha un rendimento di circa il 30-35% e si riduce al 25% se si considerano anche stoccaggio e distribuzione. Significa che per ogni 100 kWh forniti originariamente, se ne potranno utilizzare 25 per muovere il veicolo. D’altra parte esso ha il grossissimo vantaggio di non essere inquinante e di essere, per sua natura, rinnovabile. Considerando le numerose ricerche in corso e i risultati promettenti, è plausibile che in futuro arriveranno sul mercato nuove tecnologie che aumenteranno l’efficienza di produzione. Oltre a considerare che potrà avere un importante ruolo di stoccaggio dell’energia prodotta da fonti rinnovabili”.
- Perché potrebbe assumere un ruolo chiave nella decarbonizzazione dei trasporti pesanti?
“Posto che ad oggi la strada più chiara per la decarbonizzazione dei trasporti passa per l’elettrificazione e, come abbiamo visto, i veicoli a idrogeno sono veicoli elettrici. Proviamo a fare un confronto ICE-BEV-FCEV.
L’idrogeno ha la peculiarità di avere alta densità energetica in peso. 1 kg di idrogeno contiene più di tre volte l’energia di un kg di benzina/gasolio. D’altra parte, a temperatura e pressione ambiente l’idrogeno è un gas che occupa un volume superiore a 10 m3, significa che è necessario comprimerlo ad alte pressioni per aumentarne la densità energetica. Solitamente, nelle applicazioni nei trasporti di oggi, viene confinato in bombole a 350-700 bar (350-700 volte la pressione atmosferica).
E le batterie? Le batterie, sempre a parità di energia utile, oggi richiedono un volume simile all’idrogeno ma pesano di più. Prendiamo ad esempio un’auto che deve percorrere 500 km e confrontiamo tre diverse soluzioni. Potremmo utilizzare 25 litri di benzina pari a 19 kg oppure, con un volume circa 5-10 volte superiore, 400-600 kg di batterie o 200-300 kg di bombole di idrogeno. Questo naturalmente solo confrontando i diversi vettori energetici, considerando pesi e volumi dei componenti, diversi per le tre soluzioni, i rapporti variano ma non modificano la sostanza.
Quindi, se per un’auto le batterie sono oggi la soluzione migliore grazie anche al fatto che sono facilmente modulabili ed è possibile sfruttarle per ridistribuire le masse, aumentando la dimensione del veicolo, e l’energia richiesta, il peso delle batterie a bordo diventa limitante mentre sistemi a idrogeno diventano competitivi.
Inoltre:
- Le ricerche nel campo delle batterie sono in gran parte focalizzate all’aumento della densità energetica e i risultati dichiarati sono incoraggianti. Benissimo, ma le batterie oggi sono il collo di bottiglia della produzione di auto elettriche, in futuro magari non sarà così ma nel frattempo, sempre pensando all’obbiettivo della decarbonizzazione, bisogna studiare e utilizzare altre soluzioni almeno per i veicoli più grandi.
- Un veicolo a idrogeno è intrinsecamente più complesso di un veicolo a batterie, complessità che si gestisce più facilmente all’aumentare delle dimensioni del veicolo.
- È molto più semplice sviluppare una rete di ricarica elettrica capillare piuttosto che un sistema di trasporto e distribuzione dedicato all’idrogeno. Le auto, a batteria, potrebbero sfruttare la rete di ricarica estesa mentre i veicoli pesanti, a idrogeno, potrebbero approvvigionarsi presso strutture dedicate (come del resto già avviene anche oggi per i veicoli a combustione interna).
- I tempi di ricarica dei veicoli a idrogeno sono inferiori a quelli dei veicoli elettrici.
- Per i trasporti stradali una soluzione potrebbero essere le eHighway, strade elettrificate tramite catenarie o sistemi a induzione. Al momento vi sono delle ricerche in corso in diversi paesi ma fino a che non si avrà una rete ben sviluppata non si avranno grossi vantaggi: nel frattempo si potrebbe optare sull’idrogeno. Di contro, queste tecnologie non sono un’opzione per altri tipi di trasporto come quello navale.
Più si aumentano le dimensioni del veicolo più questi aspetti emergono ed è per questo che l’idrogeno potrebbe avere un ruolo importante nella decarbonizzazione sia dei trasporti pesanti stradali ma anche, e forse soprattutto, nel mondo ferroviario e navale.
- Ottenere idrogeno verde: a che punto siamo?
Dal punto di vista regolatorio/normativo: innanzitutto, non è ancora facile oggi definire cosa si intende per idrogeno verde. Infatti, si attende da molti mesi l’emanazione dell’atto delegato da parte dell’UE contenente le caratteristiche di produzione dell’idrogeno affinché possa essere definito “verde”. Ad ogni modo, esiste oggi una definizione molto più utile per lo sviluppo del settore e neutrale tecnologicamente che è quella di idrogeno rinnovabile, ossia idrogeno che deve rispettare i parametri emissivi definiti dall’UE affinché possa essere considerato “low carbon” pari ad un massimo di 3 tonCO2/ton H2 prodotto
Dal punto di vista tecnico: ad oggi non si riscontrano problematiche nell’individuare soluzioni tecnologiche a mercato per la produzione di idrogeno verde/ rinnovabile. Anche se tramite processi di produzione non ancora pienamente industrializzati su larga scala, molti player di mercato forniscono tecnologie di elettrolisi ormai consolidate
Dal punto di vista energetico: chiaramente rimane cruciale avere a disposizione energia rinnovabile per alimentare il processo di elettrolisi, oggi ancora risorsa scarsa considerando la lentezza di messa a terra di nuovi impianti rinnovabili. Da considerare che per raggiungere il target della strategia italiana idrogeno di 5 GW di elettrolizzatori servono almeno 20 GW di rinnovabili quali fotovoltaico
- Pro e contro di questo tipo di energia allo stato attuale della tecnologia disponibile per la sua produzione
- PRO: l’idrogeno rimane il miglior modo di decarbonizzare consumi non/difficilmente elettrificabili come la mobilità pesante o le industrie che nei loro processi devono raggiungere altissime temperature. La sua alta densità energetica in peso consente di stoccare ingenti quantità di energia riutilizzabili nei momenti più opportuni. Non bisogna nemmeno dimenticare il ruolo di stoccaggio dell’energia rinnovabile in eccesso che sarà prodotta nei prossimi anni, quando finalmente avremo una penetrazione delle rinnovabili non programmabili vicina ai target che l’Italia si è data al 2030
- CONTRO: l’elettrolisi rimane un processo basato sull’utilizzo di energia elettrica, in questo caso rinnovabile. È evidente che allo stato attuale della tecnologia, dove un impianto nel suo complesso raggiunge una efficienza di circa il 55%, è fondamentale spingere la ricerca e sviluppo su nuove tecnologie di elettrolisi che ne aumentino l’efficienza in modo da migliorare la riconversione energetica e far dipendere sempre meno il costo di produzione da quello dell’energia elettrica. Un esempio sono sicuramente i prototipi di elettrolizzatori soec che potrebbero raggiungere un’efficienza anche dell’80%
- Qual è la situazione in Italia rispetto alla produzione e alle infrastrutture di ricarica disponibili?
Produzione: la situazione è ancora fluida, non mancano certamente le dichiarazioni fatte da molti operatori del settore, ma non si vede ancora un chiaro disegno di dove saranno i principali punti di produzione. La mancanza di un sistema incentivante non aiuta, essendo oggi ancora anti-economico realizzare un impianto di produzione. Speriamo che i bandi PNRR (Hydrogen Valleys, hard-to-Abate e trasporto ferroviario) possano accelerare l’individuazione di punti caldi per la produzione e la messa a terra di investimenti
Infrastrutture di ricarica: qui si parte da zero, oggi non esiste in Italia una seppur minima rete di infrastrutture di ricarica se non alcuni “casi scuola” come a Bolzano. In questo caso manca una vera e propria pianificazione di una rete direi strategica per lo sviluppo della mobilità (almeno pesante) a idrogeno. Anche in questo caso speriamo che il PNRR possa accelerare la messa a terra delle 40 stazioni di ricarica previste, anche se una pianificazione a livello italiano sul loro posizionamento forse doveva essere previsto
- Quali sono le prospettive di sviluppo futuro, anche alla luce delle recenti dichiarazioni del Ministro Matteo Salvini circa il possibile taglio dei fondi del Pnrr destinati proprio allo sviluppo di questo tipo di alimentazione?
Difficile pensare ad un taglio mirato alla sola mobilità a idrogeno ferroviaria considerando che si utilizza idrogeno sulle tratte ferroviarie quando è sostanzialmente impossibile elettrificarle (basti pensare alle linee di montagna che passano attraverso gallerie datate molto strette nelle quali non è possibile installare una catenaria). Inoltre il bando si è anche già chiuso e diversi operatori hanno presentato progetti.
Altro punto è considerare che la riallocazione dei 300 Mln€ previsti per l’idrogeno nel settore ferroviario comporterebbe la perdita delle risorse già stanziate ed assegnate dallo stesso ministero agli operatori del settore per ammodernamento delle linee e acquisto del materiale rotabile e TPL.
Considerando che, secondo alcune stime, il settore idrico necessita di almeno 5-6 Mld€ di investimenti, sarebbe da chiedersi quale potrebbe essere il beneficio industriale/ economico/ ambientale associato a 300 Mln€ sull’idrico rispetto alle perdite generate sulla filiera industriale del ferroviario. Complessivamente, penso sia fondamentale continuare a investire e fare ricerca in questa tecnologia, anche solo per diversificare gli investimenti, e non vedo motivo per pensare ad un ripensamento sul ruolo dell’idrogeno nel panorama italiano.