Fast fashion, abitudini di consumo che impattano sulla filiera dei trasporti e sull’ambiente
Importati ed esportati oltre 387mila tonnellate di capi di abbigliamento nel 2022, ovvero la capacità di carico di 7mila grandi aerei cargo o 20 voli cargo merci al giorno
Acquistiamo per necessità ma anche e soprattutto per svago. L’accesso agli store virtuali e la facilità di acquisto ci rende in ogni momento possibili acquirenti. Poter essere a conoscenza del prezzo dell’oggetto desiderato e della sua disponibilità sul mercato, così come poter fare affidamento su una spedizione ultraveloce e un reso con rimborso assicurato, infonde in noi una sensazione di totale comfort.
In questa corsa frenetica al soddisfacimento di bisogni d’acquisto, un aspetto importante ci sfugge: il ruolo fondamentale dei trasporti, un collante tra produzione e vendita senza il quale interi settori dimezzerebbero i loro introiti.
La distribuzione è un tassello fondamentale sul quale si reggono moltissimi business, in particolare quello della fast fashion. La moda veloce, una macchina che produce milioni di articoli di abbigliamento in un arco di tempo sempre più ristretto e che si affida alla capacità di un sistema di approvvigionamento studiato alla perfezione per accorciare i processi di produzione e trasporto delle merci.
Il ruolo cruciale dei trasporti
A giocare un ruolo di rilevante importanza sono proprio i trasporti, che entrano in gioco ancor prima della catena d’acquisto. Essi, infatti, sono il perno della macchina di approvvigionamento che parte proprio dal reperimento delle materie prime necessarie per la creazione dei prodotti; e diventano ancora più necessari nel momento della distribuzione del prodotto finito.
Il trasporto dell’industria tessile, così come tutta la merce che ogni giorno si movimenta sul pianeta, raggiunge i luoghi di stoccaggio attraverso tre diverse forme di spostamento: via terra, via mare e infine anche via aerea.
Nel settore della fast fashion soprattutto Low cost le collezioni che un tempo si alternavano a cadenza stagionale, adesso propongono sul mercato un numero di collezioni quintuplicato. A questa scelta corrisponde un incremento non indifferente de lavoro logistico studiato ad hoc per rispondere a precise tempistiche di mercato. Ecco perché a distanza di 15 giorni possiamo trovare in un negozio delle catene più importati della distribuzione tessile nuove collezioni e nuove quantità disponibili.
Oltre 387mila tonnellate di capi nel 2022
Un comparto, quello dei trasporti, che riguardo al settore tessile per la sola UE “ha importato ed esportato oltre 387mila tonnellate di capi di abbigliamento nel 2022, che corrisponde alla capacità di carico di 7mila grandi aerei cargo o 20 voli cargo merci al giorno”. Così si legge in un rapporto curato dall’organizzazione non governativa Public Eye, che insieme alla campagna Abiti Puliti sta conducendo una lotta per la riduzione della moda aerea. Si deduce infatti che l’utilizzo del trasporto aereo è sempre più impiegato nell’industria tessile, a differenza del passato dove veniva preferito un trasporto via mare.
L’avvento dei social e il dilagare delle piattaforme di vendita e-commerce non hanno fatto altro che rendere ancora più rilevante il settore logistico per garantire una sempre maggiore immediatezza tra l’acquisto e la consegna aspetti tra i quali passano a loro volta tantissimi processi e meccanismi rodati alla perfezione.
In che modo l’abbigliamento raggiunge gli store presenti nel mondo
Per assicurare enormi quantità di stock all’interno di centinaia di negozi sul territorio nazionale e internazionale, i colossi del tessile come, ad esempio, il gruppo Inditex di Zara o come Primark e ancora Shein e Temu fanno affidamento a uno dei trasporti più veloce e costoso in termini di risorse: il trasporto aereo.
Il trasporto per via aerea è solitamente utilizzato per la merce deperibile, ovvero quella merce a rischio di deterioramento o alterazioni, come generi alimentari e farmaci. Risulta evidente affermare che i prodotti d’abbigliamento non possono essere considerati come deperibili ma nell’ottica veloce del settore tessile la scelta del trasporto aereo abbatte i tempi di consegna a beneficio delle vendite, ma inquinando purtroppo fino al 14% in più del trasporto via mare.
Rotte aeree dei più grandi colossi dell’abbigliamento
Secondo l’indagine sui trasporti internazionali di merci, pubblicata l’8 giugno del 2023 dalla Banca d’Italia, i costi del trasporto aereo risultano essere ancora su livelli elevati.
Nel 2022 i costi medi del trasporto aereo hanno avuto un moderato aumento nella prima parte dell’anno e in maniera diversificata a livello geografico, si legge infatti: “Gli incrementi sono stati assai sostenuti per i noli da e verso i paesi asiatici (soltanto all’esportazione per la Cina), a fronte di riduzioni per le tariffe da e per l’Europa e il Nord America. In termini reali i costi medi sono scesi ma rimangono su livelli elevati, dopo gli eccezionali rincari del 2020 a seguito della forte restrizione dell’offerta di stiva legata alla pandemia”.
Il continente asiatico oggi conta quasi il 58,8% di esportazioni tessili nel mondo secondo l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), grazie a costi di produzione bassissimi, il 70% delle importazioni dell’UE del settore tessile provengono dall’Asia secondo i dati forniti dall’ European Parliamentary Reserach Service (EPRS).
L’abbigliamento viaggia in aereo
Dal lavoro di ricerca condotto dalla campagna Abiti Puliti e Public Eye per assicurarsi un indotto costante Inditex, che ricordiamo essere uno dei maggiori gruppi di distribuzione al mondo, prenota a cadenza settimanale circa 32 voli cargo in partenza da Saragozza, con l’equivalente di circa 100 tonnellate di vestiti a bordo.
Non solo rotte internazionali quindi ma anche all’interno del territorio UE l’abbigliamento viaggia in aereo, si legge infatti che “solo nel 2022 almeno 42.658 tonnellate di capi sono state consegnate in aereo”. Il dato preoccupante è che il 64% di questa merce proviene dalla Spagna per una quantità pari a 27.392 tonnellate.
Strategia attuata anche da Shein, che spedisce abbigliamento e oggettistica per via aerea verso singoli acquirenti privati direttamente dalla Cina in ogni parte del mondo. Per farlo, il colosso cinese ha firmato una partnership con China Southern Airlines, la quale percorre avanti e indietro rotte principali tra Guangzhou-Los Angeles/ Guangzhou- Amsterdam o Londra.
Dati allarmanti e non sempre precisi. Nonostante qualsiasi azienda sia al corrente di tutti i dati inerenti alla propria produzione e all’esportazione di prodotto, spesso alcune aziende di abbigliamento Fast Fashion risultano poco trasparenti.
Un vortice di consumi che il mondo non può più sostenere
La dinamica dell’acquisto online è come un capo sartoriale cucito ad arte sulla base delle nostre attitudini comportamentali. Nessuna corsa contro il tempo per riuscire a raggiungerei i negozi, niente traffico, nessuna fila ai camerini e in cassa: è così che l’e-commerce si adatta alla nostra vita frenetica e ci accorgiamo come la sua nascita abbia completamente rivoluzionato le nostre abitudini di acquisto ma anche e soprattutto le nostre aspettative. Compriamo quindi, d’impulso, oggetti che vengono creati in serie, molto spesso con materiali non conformi e non sostenibili, a prezzi irrisori, che arrivano dall’altra parte dell’emisfero e pretendiamo che questi arrivino tra i due massimo quattro giorni lavorativi.
Le nuove collezioni sfilano alle fashion week d’alta moda e un attimo dopo le industrie di fast fashion mettono in moto un sistema di emulazione e produzione massiva in serie. Lo scopo è quello di immettere sul mercato il prima possibile, a prezzi concorrenziali, articoli accessibili, il cui costo permette di ricavare guadagni milionari.
Sovraproduzione di articoli d’abbigliamento e impatto ambientale
La catena del fast fashion porta con sé un insieme di problematiche non indifferenti, legate direttamente e indirettamente alla produzione. Pensiamo all’ impatto ambientale dovuto alla sovraproduzione di articoli d’abbigliamento, l’utilizzo di coloranti dannosi, lo sfruttamento del lavoro in paesi come l’India che per assecondare la produzione del cotone ha fatto ricorso a un utilizzo massivo di pesticidi a scapito della salute ambientale e umana.
Infine, il settore dei trasporti, che si adatta costantemente al continuo sviluppo del mercato soprattutto online, riuscendo ad assecondando un business pressante e pretenzioso che il cliente dall’altra parte del proprio dispositivo non percepisce in maniera concreta e che necessiterebbe da parte dei produttori ma anche dei consumatori finali una considerazione maggiore, in ottica più ragionevole per un settore che ad oggi è responsabile del 10% delle emissioni di gas serra e costituisce una sostanziosa fetta dell’economia mondiale.