Intermodalità e flessibilità: le strategie della logistica per affrontare la crisi internazionale
Covid, aumento del costo dei noli, difficoltà di approvvigionamento, guerra in Ucraina: negli ultimi due anni il settore trasporti e logistica ha dovuto fronteggiare difficoltà continue, che hanno acuito una crisi in atto in realtà già da molto tempo.
Per avviare una riflessione sui problemi a cui deve far fronte la logistica nel complicato presente, Confindustria Vicenza ha organizzato un convegno Logistica internazionale ed impatti sull’economia industriale, moderato da Massimo De Donato, giornalista di Radio24, che ha riunito ricercatori, imprenditori e operatori del settore, che si sono confrontati condividendo dati, esperienze e buone pratiche.
Sostanzialmente con l’obiettivo – come spiegato dal vicepresidente di Confindustria Vicenza, Giovanni Dolcetta, in apertura dei lavori – di comprendere se i fenomeni che stanno determinando questa crisi siano contingenti, e quindi strettamente legati alla delicata situazione economica e geopolitica attuale, o si tratti di una tendenza di lungo termine con cui appunto il settore sarà chiamato a fare i conti sul lungo periodo.
Per inquadrare la discussione e contestualizzare adeguatamente lo scenario di riferimento, nella prima parte è stato dato spazio alla condivisione di un quadro generale che ha messo in luce dati e tendenze che stanno caratterizzando il settore trasporti e logistica dallo scoppio della pandemia.
La logistica alle prese con la crescita dei costi
Andrea Giuricin, ceo di Tra Consulting, ha spiegato nella sua analisi cosa sta succedendo a livello globale, quali dinamiche sono in atto e quale evoluzione possiamo aspettarci. A cominciare dalla presa di coscienza che la crisi Covid è stata una crisi asimmetrica, che ha impattato in maniera più dura sull’Europa e sull’Italia rispetto agli effetti che ha avuto sugli Usa e sulla Cina.
La guerra arriva a complicare un momento in cui stavamo uscendo dalla crisi e la domanda stava tornando a livelli superiori al 2019. In particolare la logistica deve fare i conti con la crescita del prezzo dei container, che dal 2020 è salito moltissimo a causa della riduzione dell’offerta.
Questo fenomeno naturalmente sta avendo delle importanti ripercussioni sugli scambi via mare tra Europa e Cina, che storicamente rappresentano la modalità maggiormente utilizzata in termini di volumi movimentati (94%).
I costi potrebbero scendere grazie al fatto che le grandi compagnie marittime stanno investendo molto in questo ambito, ma ci vorrà del tempo.
Il traffico ferroviario sulle tratte euroasiatiche rappresenta una quota residuale ma sta progressivamente aumentando, anche grazie allo sviluppo delle connessioni e delle infrastrutture, prima fra tutte quella che viene definita Nuova via della seta.
In questo ambito però il sistema logistico italiano è penalizzato da un problema di lungo corso che ne compromette l’efficienza a causa della difficile interconnessione modale strada-ferro-nave (in Italia solo il 13% delle merci viaggia su ferro, contro una media Ue del 20% e una quota del 46% negli Stati Uniti). Uno stato di cose su cui pesano naturalmente la conformazione geografica e orografica del nostro Paese, ma anche problemi storici legati a mancanza di investimenti, burocrazia ecc.
Certamente gli investimenti legati al PNRR rappresentano una grande opportunità per il miglioramento della rete infrastrutturale del nostro Paese ma richiedono dei tempi medio-lunghi che non avranno un impatto significativo nella gestione dei problemi legati alla contingenza.
In difficoltà anche il trasporto aereo, che ha dovuto fare i conti, durante la fase più acuta della crisi pandemica, con la contrazione dell’offerta cargo a causa del venir meno dei voli passeggeri. Anche in questo caso il fenomeno ha determinato un aumento dei costi e anche in questo caso si tratta di un problema di difficile soluzione a breve termine perché le compagnie stanno investendo per ampliare le proprie flotte ma i tempi sono in media di 2/3 anni.
Sul trasporto aereo sta impattando significativamente anche la guerra russo-ucraina, con l’esigenza di prevedere una politica di rerouting dei voli che in situazioni normali coinvolgerebbero l’area interessata dai combattimenti, con un grosso impatto in particolare sui voli tra Europa e Asia Pacifico, determinando dunque un allungamento dei tempi di viaggio e un conseguente aumento dei costi. Che va ad aggravare l’aumento dei costi determinato dalla crescita del prezzo dei carburanti.
Le criticità del settore marittimo
Un’analisi a parte è stata dedicata al settore marittimo da Alessandro Panaro, responsabile Maritime & Energy SRM-Intesa Sanpaolo, che ha sottolineato in apertura innanzitutto l’importanza del mare per l’economia del Veneto, regione in cui sono presenti oltre 10 mila aziende logistiche e il valore aggiunto generato dall’economia del mare è di 3 mld di euro, con oltre 30 mld di import/export marittimo (un terzo del totale italiano).
Ampliando l’orizzonte, Panaro ha illustrato come nel Mediterraneo avvenga il 20% del trasporto marittimo mondiale con i nostri porti che si trovano a fronteggiare le pesanti conseguenze di pandemia e guerra sul regolare svolgimento dei traffici, messi in crisi dall’impennata del costo dei noli sulle prime otto rotte mondiali, tra cui c’è la Shangai-Genova.
La congestione dei porti determina un blocco delle catene logistiche, determinando ritardi che fanno schizzare i costi già aumentati a causa della carenza di container. Si può cercare di ovviare a questi problemi attraverso il reshoring/nearshoring, quindi cercando di ridistribuire i traffici su rotte più brevi verso Paesi più vicini e investendo sulle flotte e sulle infrastrutture portuali, in modo che diventino sempre più resilienti, sostenibili e digitali.
Infine si può puntare sul ricorso alle Zone Economiche Semplificate (ZES) e Zone Logistiche Semplificate (ZLS) per attrarre investimenti da parte delle aziende sul territorio, perché se cresce la produzione di conseguenza cresce anche la logistica.
Puntare sull’intermodalità
A seguire una tavola rotonda, in cui si sono alternati imprenditori e operatori logistici, che si sono confrontati, alla luce della loro esperienza e delle loro competenze, sulle criticità e opportunità che caratterizzano la delicata congiuntura presente.
Un elemento importante di convergenza tra i relatori è stata pressoché all’unanimità l’esigenza di investire e puntare maggiormente sull’intermodalità, che può aiutare nell’immediato ad affrontare il problema della riduzione delle emissioni – anche se non quello del risparmio energetico – perché anche i treni hanno bisogno di essere alimentati…
Ad esempio – ha spiegato Manuel Scortegagna, amministratore di Scortrans Srl – ricorrendo all’intermodalità ferroviaria si può fronteggiare il problema della carenza di autisti di tir e a diminuire gli incidenti stradali. Ma negli ultimi tempi si sta delineando anche una carenza di macchinisti ferroviari, ruolo per cui è necessaria una formazione specialistica e, con l’allungamento delle tratte anche su corridoi intercontinentali, la necessità di sostenere turni lunghi e pesanti, anche in orario notturno.
Purtroppo, come già messo in luce in precedenza, il nostro Paese deve fare i conti con delle carenze infrastrutturali che allungano i tempi di percorrenza e creano ritardi e congestioni nei centri intermodali. Di nuovo, Scortegagna ha sottolineato l’importanza degli investimenti previsti nel PNRR per intervenire su questo stato di cose e dotare il nostro Paese di infrastrutture più agili e flessibili.
Imprescindibile puntare sull’intermodalità – ha convenuto Rodolfo Mariotto, titolare di Mariotto Srl e delegato Infrastrutture Camera di Commercio Vicenza – per un Paese come l’Italia, geograficamente predisposto al traffico via mare e costellato di porti collegati con tutto il mondo. In particolare l’intermodalità risulta centrale per gli scali – come Genova, Trieste e Vado Ligure – che possono accogliere le navi più grandi, quindi movimentando enormi quantitativi di merci.
Naturalmente il problema dell’aumento dei costi dei noli sta mettendo in difficoltà gli operatori e Mariotto ha sottolineato come difficilmente si tornerà ai costi noli di 3 anni fa, almeno in tempi brevi. Auspicando in questo senso anche un’azione politica da parte dell’Europa, magari in linea con quanto stanno già facendo gli Stati Uniti per indagare se ci sia in atto una strategia di cartello occulto nelle pratiche messe in atto dalle maggiori compagnie.
Le strategie anticrisi: reshoring, internalizzazione, incremento degli stock
Concretamente, per far fronte nell’immediato a queste difficoltà le aziende hanno messo in atto delle strategie di intervento.
Riccardo Rigoni, responsabile Logistica e Trasporti di Clerprem, azienda che produce componentistica per auto, ha spiegato come per far fronte alle difficoltà con la Cina determinate dai cambi di produzione del settore automobile, l’azienda abbia deciso innanzitutto di ridurre il numero di fornitori (import dalla Cina è passato dal 18-20% al 7%, con flussi spostati dall’India). Un altro intervento è stato la verticalizzazione, cioè razionalizzazione, della produzione in un numero ridotto di siti, riducendo così di conseguenza i flussi di trasporto. Ad esempio un sito importante per la componentistica è stato individuato in Tunisia, concentrando così flussi importanti nel vicino Mediterraneo.
Alessandro Franchini, Group Logistics director di OTB, gruppo italiano che controlla importanti marchi della moda, ha raccontato invece come già dal 2018 abbiano deciso di puntare sull’internalizzazione di alcuni processi chiave, tra cui appunto la logistica, che se gestita direttamente all’interno può costituire un vantaggio competitivo. Portare dentro i servizi logistici permette di ottimizzare e velocizzare le consegne, richiede però grandi investimenti in organici e strutture. In questo senso si è puntato molto su investimenti in innovazione per la digitalizzazione e la sostenibilità (intelligenza artificiale, RFID).
Sicuramente il tema della digitalizzazione rappresenta una delle opportunità maggiori su cui il settore può puntare per affrontare i cambiamenti determinati dalla crisi e dalla necessità di ripensare procedure e sistemi, tenendo ben presente però – ha aggiunto Scortegagna – che è necessario studiare delle soluzioni per semplificare e flessibilizzare le procedure: sfruttare le situazioni in modo da non perdere produttività, connessioni, opportunità di network. Con la consapevolezza che purtroppo i costi sono destinati ad aumentare ancora.
In un certo senso va nella stessa direzione la ricetta anticrisi fornita da Mariotto, che punta a un investimento maggiore nella formazione dei collaboratori, affinché abbiano la giusta capacità di “discenere” le soluzioni migliori. La digitalizzazione va bene ma deve essere governata a monte da una testa pensante umana, che possa fronteggiare adeguatamente un inceppamento della catena, anche la più efficiente. Quindi l’importanza delle reti di corrispondenti sul territorio e di valorizzare adeguatamente le professionalità (ad esempio pagando di più gli autisti, anche se questo significa alzare i costi di trasporto).
La crisi si affronta anche aggirando il problema del contingentamento dei materiali nei porti attraverso l’incremento degli stock di magazzino. Come spiegato da Rigoni, certamente questa pratica fa aumentare i costi perché richiede una maggiore capacità e quindi il ricorso a investimenti su spazi logistici extra ma permette di non interrompere le catene produttive e poter far fronte agli ordini non penalizzando i rapporti con i clienti.
Infine Franchini ha aperto una finestra sul settore e-commerce, anch’esso oggetto di una strategia insourcing da parte del Gruppo OTB, con ripercussioni sulla gestione della logistica. Questo aspetto ha comportato una necessità di pianificazione scrupolosa dei mezzi di trasporto utilizzati per gli approvvigionamenti, tra nave, aereo e treno. Per le consegne outbound, invece, continua ad essere privilegiato l’aereo, in modo da poter far fronte più rapidamente agli ordini. In questo caso però i problemi dell’offerta di carico sono sempre in agguato ed è necessario di settimana in settimana prevedere continue rinegoziazioni.
Le conclusioni dei lavori sono state affidate a Maurizio Marchesini, Vicepresidente di Confindustria con delega alle filiere e alle medie imprese, che nel suo intervento ha di fatto tirato le somme della discussione, evidenziando i punti principali su cui gli imprenditori sono chiamati a intervenire e su cui si attendono anche una risposta politica. A cominciare ad esempio dal problema cruciale della transizione ambientale: le imprese vogliono farla e si stanno attivando ma la sensazione – ha sottolineato Marchesini – è che l’Europa stia agendo in maniera molto ideologica e senza aver adeguatamente studiato la situazione di partenza e le ripercussioni sulle catene produttive e della logistica.
Certamente sono in atto politiche di reshoring, nearshoring e “friend shoring” attraverso cui aziende e operatori logistici stanno cercando di fronteggiare l’aumento dei costi – non solo dei carburanti, come abbiamo visto – e necessità di abbattere le emissioni ma non saranno processi di breve corso e in Italia dovranno andare di pari passo con crescita industriale e politiche infrastrutturali. E purtroppo in Italia la burocrazia e i processi amministrativi non facilitano certo queste dinamiche, rendendo necessario spesso ricorrere a commissari per superare le procedure ordinarie…