Crollo del ponte di Baltimora: conseguenze economiche anche per l’Italia
La chiusura del porto di Baltimora potrebbe comportare soprattutto un aumento dei costi dell’energia
Il crollo del ponte Francis Scott Key a Baltimora avvenuto lo scorso 26 marzo potrebbe avere conseguenze economiche negative preoccupanti per l’Italia.
La struttura, franata in seguito all’impatto di una nave portacontainer con uno dei piloni del ponte, ha causato la chiusura del porto di Baltimora a tempo indefinito.
La chiusura del porto di Baltimora comporta problemi logistici ed instabilità dell’economia locale e globale, con ripercussioni anche sull’Italia.
Sebbene sia difficile al momento fornire una stima precisa dei danni dell’incidente di Baltimora è tuttavia possibile provare ad anticipare alcune delle possibili conseguenze per l’Italia e la sua economia.
L’Italia dopo il crollo del ponte di Baltimora teme l’aumento dei prezzi
Tra le conseguenze temute dall’Italia dopo il crollo del ponte di Baltimora c’è sicuramente un rincaro del prezzo dell’energia.
Il porto di Baltimora, pur non essendo uno dei più grandi degli Stati Uniti è tuttavia specializzato per il trasporto di alcune merci specifiche come anche il carbone e il gas liquefatto americano diretto in Europa.
L’Italia, dopo il distacco dalla Russia nel 2022 come principale fornitore di gas ha stabilito contratti a lungo termine con società estrattive americane ed eventuali ritardi nelle forniture potrebbero far aumentare le bollette nel nostro paese.
Impatto logistico sulle catene di fornitura anche per l’Italia
Il porto di Baltimora è uno snodo fondamentale per la logistica. La sospensione del traffico marittimo fa prevedere ripercussioni importanti sull’economia statunitense e globale.
All’interno di un sistema attuale del commercio globale estremamente fragile, la chiusura del porto di Baltimora può provocare problemi quali la congestione di porti più piccoli affollati da traffici maggiori di navi, rallentando così ulteriormente il commercio marittimo.
Il Segretario dei Trasporti degli Stati Uniti, Pete Buttigieg ha affermato: «non ci sono dubbi che ci sarà un impatto grosso e prolungato sulle catene di fornitura».
Una doppia crisi: gli attacchi nel Mar Rosso e la crisi del commercio
Una delle principali rotte mondiali, quella del Mar Rosso, è ancora minacciata dagli attacchi dei ribelli yemeniti Houthi, che hanno provocato un allungamento dei tempi e un aumento dei costi dei commerci tra oriente e Europa. Quest’ultima potrebbe a breve trovarsi al centro di una doppia crisi commerciale con il rallentamento dei flussi di merci, Italia inclusa.
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Il possibile aumento dei costi per l’industria automobilistica
Dal porto di Baltimora passavano anche grandi quantità di automobili e mezzi pesanti nuovi, sia per importazioni che per esportazioni. La chiusura del porto di Baltimora potrebbe aumentare ulteriormente i prezzi delle vetture e dei mezzi commerciali sul mercato globale e quindi anche nostrano. Baltimora infatti ha sempre gestito il maggior numero di navi roll on/roll off, disponendo anche di attrezzature speciali e personale addestrato per la movimentazione.
Infrastrutture inadeguate ai grandi flussi
Un aumento dei flussi nei grandi scali americani a causa del blocco del porto di Baltimora potrebbe mandare in crisi molte infrastrutture marittime della costa orientale. Purtroppo la crisi della supply chain creatasi alla fine delle restrizioni post Covid-19 ci ricorda come, al pari di una rapida ripresa del commercio mondiale, l’infrastruttura commerciale mondiale non sia in grado di gestire un surplus di navi e merci, causando una crisi che contribuito alla recente inflazione.