Infrastrutture: Aiscat critica verso la norma sulle concessionarie
Il presidente dell’Aiscat (Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori), Fabrizio Palenzona, ha chiesto al Governo di cancellare la norma in manovra che fissa all’1% l’ammortamento fiscale delle società concessionarie.
“L’1%, nell’interesse del paese, deve essere cancellato perché distrugge lo sviluppo dell’Italia. Arriva la manovra e mi chiedo chi può aver pensato una cosa del genere. In quale paese si può chiedere ad investitori privati un ammortamento a cento anni”, ha affermato Palenzona durante la 45a assemblea dell’Aiscat che si è svolta oggi a Roma.
Il presidente dell’Aiscat ha contestato al governo anche il metodo: “Se il Governo vuole recuperare 350 milioni – ha detto Palenzona – sediamoci a un tavolo e li troviamo, ragioniamo. Il Governo ci ripensi e annulli questa quota”.
Il viceministro ai Trasporti, Roberto Castelli, ha risposto aprendo alla possibilità di una modifica della manovra sul tetto all’1%. Castelli ha però difeso l’impianto complessivo della manovra: “Ho fiducia che il Parlamento alla fine, valutati i pro e i contro, in tutta serenità possa correggere la norma. Nel medio e breve periodo questa norma non funziona. Metteremo in campo degli emendamenti anche di maggioranza, in nessuna contrapposizione con il Governo. Il ministro delle Infrastrutture è al vostro fianco sono convinto che riusciremo a metterla a posto”.
Le imprese aderenti a Confindustria, Ance, Finco, Federprogetti, Agi, Ancpl e la stessa Aiscat hanno esposto le critiche nei confornti della manovra in una lettera inviata al presidente del Consiglio, Berlusconi e ai ministri Tremonti e Matteoli.
“Il decreto Sviluppo – scrivono in una nota congiunta – presentava poche luci sulla semplificazione procedurale e molte ombre sulla regolamentazione degli appalti pubblici. La manovra pone un vincolo insostenibile all’ammortamento degli investimenti dei concessionari e detta una ancor più penalizzante impostazione del patto di stabilità interno. Inoltre, misure come i limiti alle ‘riserve di cantiere’ e l’inconsistente adeguamento alle variazioni dei prezzi dei materiali, definite dal ‘Dl Sviluppo, espongono le imprese a rischi esecutivi e finanziari insostenibili”.