Stati Generali Economia, Legambiente: tre proposte al Governo per semplificazioni, infrastrutture, mobilità
Prevedere interventi normativi che puntino alle semplificazioni per combattere la burocrazia o i “tappi” che bloccano gli investimenti green, dare il via a opere davvero utili e prioritarie per il Paese e per le grandi città investendo anche sulla mobilità intermodale.
Sono queste le tre proposte e le macro aree di intervento sulle quali indirizzare i fondi del Recovery Plan che Legambiente ha presentato al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in occasione degli Stati generali dell’Economia, traducendole in concreto in 33 proposte di semplificazioni, condivise da imprese e associazioni del terzo settore, 170 opere pubbliche prioritarie, selezionate in base alle necessità reali dei cittadini e dei territori, alle quali aggiungere quelle grandi opere sul fronte della mobilità sostenibile e intermodale che servono alle città, partendo dalle esperienze virtuose già in campo.
Interventi indispensabili – spiega Legambiente in una nota – per rilanciare in chiave sostenibile e ambientale il Paese, duramente colpito dal coronavirus, per recuperare i ritardi sugli impegni presi sul clima, per ridurre le disuguaglianze e puntare davvero su un’economia decarbonizzata e circolare, abbandonando le fonti fossili attraverso un processo graduale di azzeramento dei circa 19 miliardi di euro di sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili trasformandoli in incentivi all’innovazione ambientale ed energetica a vantaggio dei cittadini e delle imprese.
“Il decennio che si è aperto sarà cruciale sotto molti aspetti e soprattutto sotto il profilo ambientale. È ora di passare dalle parole ai fatti e di mettere a fuoco davvero le priorità su cui ripartire lavorando sui ritardi accumulati, come quelli sulle rinnovabili, recependo subito la direttiva europea sulle comunità energetiche – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente –. L’ambiente non può essere considerato un’appendice, ma deve essere visto e pensato come un architrave trasversale per sostenere la ripartenza del Paese. Per questo tra gli interventi da mettere in campo abbiamo indicato le semplificazioni delle procedure sul fronte dell’economia circolare, delle rinnovabili, della mobilità sostenibile, della riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico e gli interventi infrastrutturali che servono al Paese. Non si deve sbloccare qualsiasi opera purché ripartano i cantieri, ma solo quelle che servono davvero, partendo dalle 170 che abbiamo indicato nel nostro dossier; senza dimenticare gli interventi infrastrutturali da mettere in campo anche nelle grandi città per aumentare la qualità della vita di milioni di pendolari. Solo in Italia il dibattito politico sui trasporti e le infrastrutture ignora completamente le aree urbane, che sono tra l’altro tra le più a rischio per le conseguenze dei cambiamenti climatici. È qui che bisognerebbe concentrare gli investimenti e puntare sempre di più su una mobilità sostenibile, intermodale e a zero emissioni raddoppiando, ad esempio, la rete ciclabile come previsto nei PUMS ed estendo l’offerta dei mezzi in condivisione diminuendone i costi”.
Per quanto riguarda nel dettaglio le semplificazioni, si tratta di 33 proposte suddivise in tre grandi campi di intervento: semplificazione delle procedure con 12 proposte per accelerare gli investimenti; rilancio dell’economia con fondi già stanziati da politiche nazionali e su cui indirizzare le risorse del Green Deal europeo, per un totale di 12 interventi; sblocco di risorse e di provvedimenti ministeriali in stallo con 9 interventi in campi diversi e strategici che vanno dalla mobilità (sblocco del “buono mobilità” per le famiglie contenuto nel Decreto clima, delle risorse per le piste ciclabili della Legge di Bilancio 2020), per la riqualificazione del patrimonio edilizio (Legge Bilancio 2020), per la realizzazione delle foreste urbane (Decreto clima) fino allo sblocco delle risorse per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni (Legge Realacci).
Passando alle 170 opere prioritarie, l’Associazione spiega che si tratta di opere grandi, medie o piccole, suddivise per Regione e per tipologia di intervento – messa in sicurezza, bonifica, trasporti, infrastrutture – che consentirebbero agli italiani di vivere meglio. Permetterebbero innanzitutto di risolvere 11 emergenze nazionali che attendono una risposta concreta: dal risanamento dei siti inquinati industriali alla realizzazione degli impianti di depurazione, dalla bonifica delle discariche abusive alla necessità di avere siti per il corretto smaltimento dell’amianto, dal deposito per le scorie radioattive a media e bassa attività allo smantellamento delle piattaforme offshore non produttive, dagli interventi di adattamento e riduzione del rischio idrogeologico all’abbattimento degli edifici abusivi, dalla ricostruzione post terremoto nel Centro Italia alla costruzione di impianti anaerobici per la produzione di biometano e compost di qualità, fino all’innovazione tecnologica nei piccoli comuni per fermare lo spopolamento delle aree interne.
Tra le 170 opere veramente necessarie al Paese, il porto di Gioia Tauro senza collegamento ferroviario. La linea ferroviaria Pontremolese che collega Parma con La Spezia passando per la Toscana è per il 50% a binario unico, nonostante rappresenti un pezzo potenziale del corridoio Tirreno-Brennero. Roma aspetta, da oltre vent’anni, l’avvio dei lavori per gli ultimi 10 chilometri dell’anello ferroviario. Il nodo ferroviario di Genova tra crisi aziendali e attese giudiziarie è un cantiere infinito. Naturalmente, c’è Taranto e la bonifica di vaste aree a carico del pubblico di cui non è dato conoscere ancora “il quando e il come” degli interventi da effettuare.
Infine le proposte per colmare i ritardi sulla mobilità nelle grandi città. Nell’ultimo rapporto Pendolaria Legambiente ricorda che nelle aree urbane spicca il maggior ritardo infrastrutturale italiano rispetto ai Paesi europei. Ad esempio la nostra dotazione di linee metropolitane si ferma a 247,2 chilometri (in 7 città in cui vivono circa 15 milioni di persone), lontano dai valori del Regno Unito (oltre 672 km), della Germania (649,8) e della Spagna (609,7). Il totale di chilometri di metropolitane italiane è inferiore o paragonabile a quello di singole città europee come Madrid (291,3 km), Londra (464,2 km) o Parigi (221,5 km). I dati Istat raccontano che 25,8 milioni di persone (il 42% della popolazione nazionale) vivono nelle 16 principali aree metropolitane e conurbazioni italiane, dove si registra la quota prevalente degli spostamenti delle persone e dove il tasso di auto di proprietà è tra i più alti al mondo: 70,7 veicoli ogni 100 abitanti. Ma non basta disporre di linee metropolitane, occorre anche che i treni metropolitani passino con la giusta frequenza, per garantire un’offerta di qualità. E poi occorre potenziare la sharing mobility e raddoppiare le piste ciclabili.