Intermodalità mare-ferro: a quando la spinta decisiva?
Abbiamo accennato qualche giorno fa al trasporto intermodale ferro-gomma. Non va trascurata però l’intermodalità mare-ferro, che oltre a decongestionare ulteriormente il traffico sulle strade ne innalza i livelli di sicurezza e rispetta l’ambiente. Come agli albori della civiltà occidentale, il Mediterraneo è tornato a essere un “mare nostrum” centrale per il transito delle principali rotte marittimo tre Estremo Oriente, Europa e Nord America. I vari porti disseminati nell’area (e in generale nel continente) però non rappresentano mai la destinazione finale delle merci, che devono completare il loro cammino utilizzando per forza un secondo vettore. Ecco dunque l’importanza strategica della presenza di strade e ferrovie in ambito portuale e nel retroterra in cui i carichi vanno consegnati.
Circa la ferrovia, il trasporto intermodale richiede nei porti lunghi binari a ridosso delle aree di sollevamento dei container, nonché grandi fasci di binari per la manovra, il garaggio e la preparazione dei treni in partenza. La dotazione interna dei porti si riflette sull’organizzazione esterna dei singoli nodi ferroviari, che devono porre più attenzione alla puntualità dei treni per contenere i costi, e impiantare una gestione integrata del ciclo di vita commerciale del carico merci, in modo da venire incontro tanto alle esigenze del cliente quanto alle variazioni di programma del servizio marittimo. La dimensione stessa delle navi portacontainer favorisce di solito quei porti dotati di ferrovie efficienti rispetto a quegli scali che si appoggiano invece esclusivamente all’autotrasporto.
Oggi, in Europa, le quote di trasporto combinato mare-ferro rappresentano tuttavia ancora una piccola percentuale dei traffici complessivi, per diverse ragioni. Per esempio, la presenza di un numero di attori nel settore troppo elevato. Al contrario, gli operatori logistici multimodali in grado di governare tutto il ciclo del trasporto sono pochi e ognuno di essi (specie i grandi armatori) sceglie cosa trasportare e come unicamente sulla base dell’efficienza interna alla propria azienda. Si privilegiano così i porti che garantiscono tariffe migliori, o quelli che assicurano tempi di sbarco certi, o ancora quelli dotati di collegamenti terrestri efficienti. In molti casi questo non abbrevia il tragitto delle merci a terra, lasciando quindi invariati i costi in termini di organizzazione, traffico e tutela dell’ambiente. In alcuni settori poi, come l’automobilistica, la siderurgia o la chimica, si preferisce tradizionalmente spedire tutto in treno, accantonando l’intermodalità, perché i clienti finali hanno normalmente un rapporto diretto con l’impresa ferroviaria. Basti pensare al fascio binari della stazione di Pontecagnano, in provincia di Salerno, da dove partono treni merci di sole auto. Nell’Europa continentale, l’infrastrutturazione ferroviaria dei porti è infine ancora disomogenea: il che porta a concentrare i traffici marittimi in pochi scali costieri causando, prima o poi, la congestione del sistema terrestre.
Vincenzo Foti