L’intermodalità mare-ferro ha bisogno di retroporti
Sulla scia di quanto suggerito dall’Uir (Unione Interporti Riuniti) circa la necessità di una continuità mare-ferro, l’importanza della ferrovia come partner ideale del trasporto marittimo nel sistema logistico mondiale è sottolineato anche dall’Srm (Studi e Ricerche per il Mezzogiorno). Un’interessante ricerca, pubblicata ad aprile e presentata nel contesto del Forum ‘In Treno’ di Federmobilità, analizza i principali problemi del sistema logistico-trasportistico nazionale evidenziando, con l’aiuto di dati e cifre, gli ostacoli più grossi al suo corretto sviluppo, specie al Sud.
Nell’ambito dell’intermodalità mare-ferro, in generale i porti dovrebbero armonizzare le proprie infrastrutture con quelle ferroviarie per poter accogliere treni merci completi. Una volta nel porto però, l’elemento di maggiore debolezza della ferrovia rispetto agli altri vettori è la scarsa efficienza nei tempi e nei costi delle manovre, che incidono in modo rilevante sulla formazione del costo ferroviario. A frenare i flussi di merci in transito sono poi il poco spazio (la maggior parte dei porti si trova nel centro storico delle città), la scarsità di binari a disposizione e la complessiva inadeguatezza della rete, in particolare nel Mezzogiorno.
Per catturare i traffici containerizzati bisogna puntare sulla cosiddetta “retroportualità”: aumentare cioè la produttività degli spazi portuali integrandoli, tramite ferrovia, con inland terminal che offrano una logistica adeguata, servizi efficienti e una più facile accessibilità stradale e ferroviaria. Negli ultimi anni qualche iniziativa c’è stata, per migliorare i collegamenti con i retroporti, ma non è bastata a eliminare i colli di bottiglia ancora esistenti. E’ necessario estendere le connessioni su rotaia con i porti e gli interporti e fluidificarne la movimentazione delle merci all’interno. Questo per evitare, ad esempio, quella frammentazione che oggi impone il cambio di tre locomotori per uscire dal porto di origine, attraversare la rete ferroviaria ed entrare nell’interporto di destinazione. E che scoraggia l’uso del treno nei porti italiani: dal 2006 al 2008, secondo i dati Isfort-Trenitalia (2010) elaborati dall’Srm, gli scambi mare-ferro sono decisamente diminuiti in porti come Genova (23-17%), La Spezia (27-24%), Livorno (19-16%) e Gioia Tauro (3-1%). Sono invece aumentati a Ravenna (17-20%) e Taranto (3-5%). Ma in Italia il cammino verso una portualità moderna e liberalizzata è ancora troppo lento anche perché sono solo due i porti nei quali i terminal operator gestiscono in prima persona le manovre ferroviarie: Gioia Tauro (Medcenter) e Taranto (Tct e Gruppo Riva). Negli altri casi, i servizi sono gestiti da Trenitalia presente in sette porti nazionali attraverso la controllata (100%) Serfer.
Vincenzo Foti