Monti (Assoporti): obiettivo autodeterminazione finanziaria
“I porti, al contrario di gran parte degli asset pubblici, oggi sono una risorsa per il Paese, non un onere”. Così si è espresso il presidente di Assoporti Pasqualino Monti nel corso dell’assemblea dell’associazione, spiegando che i porti italiani alimentano le casse dello Stato con oltre 13 miliardi di gettito fra Iva e accise, ottenendo in cambio finanziamenti esigui per manutenzione ed infrastrutturazione. Il presidente di Assoporti, nella sua relazione, ha evidenziato che le Autorità portuali, che oggi occupano 1.300 addetti, ”sono da sempre in equilibrio di bilancio. Nei porti italiani si è concretizzato negli ultimi vent’anni forse l’unico processo sano e di mercato di privatizzazione di beni pubblici, attraverso il meccanismo della concessione che ha portato grandi gruppi internazionali ad investire sulle nostre banchine”.
Le azioni di rilancio stanno, secondo il presidente di Assoporti, anche nell’uscita immediata delle Autorità portuali dall’elenco delle pubbliche amministrazioni redatto dall’Istat, ovvero riconoscere loro una flessibilità gestionale e organizzativa, anche e specialmente nell’espletamento delle politiche commerciali, a costo e a rischio zero per lo Stato, “visto, fra l’altro che le stesse Autorità portuali, sono vincolate per legge al pareggio di bilancio e non usufruiscono di finanziamenti pubblici dal 2002”.
Quindi la definizione di uno strumento nuovo di governance delle Autorità portuali: una conferenza dei servizi che consenta di mettere intorno a un tavolo tutti i soggetti e gli enti dal cui funzionamento e coordinamento dipende l’efficienza di un porto.
La proposta presentata da Monti sull’autodeterminazione finanziaria, si basa sulla necessità di generare un effetto leva sui 90 milioni di investimento che derivano ai porti dal riconoscimento dell’1% del gettito prodotto senza incidere sui conti dello Stato, eliminando il tetto massimo derivante dalla quota di gettito, aggiungendo un’ulteriore quota di gettito Iva e utilizzando un Fondo presso Cassa depositi e prestiti che rappresenti lo strumento per attivare anche risorse derivanti dal cofinanziamento del project financing, il coinvestimento del Fondo a monte o negli investimenti in una società di progetto (che sarebbe generata dalle stesse Autorità portuali) e project bond.
Emanuele Grimaldi, presidente di Confitarma, ha affermato che anche la Confederazione italiana degli armatori condivide che il tetto dei 90 milioni di euro annui possa rappresentare un limite alle potenzialità dei porti nazionali e che un ulteriore sforzo finanziario possa consentire uno sviluppo più efficace e sostenibile delle infrastrutture portuali, tale da rendere i nostri porti ancora più efficienti e competitivi.
“E’ nostro auspicio – ha dichiarato – che l’applicazione di tali disposizioni venga attentamente monitorata a livello centrale dal Ministero in modo da evitare inutili duplicazioni di opere e l’insorgere di patologie tariffarie dei servizi a livello locale. Si spera inoltre che tale sforzo sistemico assecondi le vocazioni commerciali dei singoli scali già delineate spontaneamente dal mercato”.