Privatizzazione dei porti? Ed è subito polemica
L’ipotesi di fare cassa attraverso la privatizzazione dei porti italiani scatena partiti e sindacati
A lanciare, o meglio rilanciare, l’ipotesi durante il meeting ciellino di Rimini è stato il leader di Forza Italia Antonio Tajani che, preoccupato delle difficoltà economiche per il prossimo bilancio, ha affermato che la privatizzazione dei porti italiani potrebbe essere un buon modo per “fare cassa”.
Le parole esatte del vicepremier sono state: “per trovare più fondi per il bilancio dello Stato penso alle privatizzazioni, non dell’acqua ma ad esempio dei porti”. Solo un esempio dunque, ma un esempio che ha scatenato, è il caso di dirlo, un mare di polemiche.
Contestata, soprattutto, l’idea che la vendita dei porti italiani possa servire ad impinguare le casse dello Stato. Parole che cadono come un macigno proprio nel momento in cui il ministero dei Trasporti, guidato da Matteo Salvini e da Edoardo Rixi, sta lavorando alla riforma dei porti che parrebbe andare in senso diametralmente opposto all’idea di Tajani, cioè la valorizzazione del pubblico, magari in una cornice di società per azioni, ma senza i soci privati. Ovvia la reazione molto dura dei partiti di opposizione, Pd in testa, che ha annunciato “una mobilitazione che vedrà impegnate tutte le organizzazioni territoriali e i rappresentanti istituzionali”.
Ma anche dai sindacati i commenti non si sono fatti attendere.
“Svendere i porti per fare cassa è sconcertante”- scrive la Filt Cgil – “sono un asset strategico per il nostro Paese sotto tanti punti di vista ed è per questo che devono restare in mano pubblica. La sola idea di voler privatizzare i porti è di per sé molto grave e vogliamo auguraci che il vicepremier Tajani abbia preso un colpo di sole e che venga smentito dalle altre forze politiche di maggioranza. Diversamente questo Governo troverà una dura e ferma risposta da parte delle lavoratrici e dei lavoratori di tutto il cluster portuale”.
“È molto preoccupante – ha commentato il segretario generale della Uiltrasporti, Claudio Tarlazzi – che un partito di governo come Forza Italia metta al centro della propria iniziativa politica la privatizzazione dei porti che va ad incidere su un interesse così delicato e importante per il Paese, creando le condizioni per la loro vendita. Un’impostazione con cui non potremo mai essere d’accordo e sulla quale daremo battaglia. Il 60% dei 600 miliardi di esportazioni del nostro Paese passa per i porti, privatizzarli quindi significherebbe anteporre interessi privati a quelli del Paese. Già nel ’94 l’Italia è stata antesignana in Europa per quanto riguarda la privatizzazione delle operazioni portuali, ma l’ambito demaniale e il sistema di regolazione devono mantenere un’impostazione pubblicistica e chi vuole il contrario troverà sempre la nostra ferma opposizione”.
Eppure l’idea, come dicevamo, non è del tutto nuova. Già nel 2015, mentre la Grecia per evitare il fallimento vendeva i propri porti, in Italia si avviò, attraverso Invitalia, la vendita di alcuni porti turistici. Erano stati oggetto di un progetto avviato una decina d’anni prima denominato “Italia Navigando“, società gestita da “Invitalia”, il cui obiettivo era quello di costituire una fitta rete di porti turistici (circa cinquanta) per ospitare ben cinquantamila barche, con particolare attenzione alle zone meridionali. Poi la società fallì e ad agosto del 2015 si pensò di mettere all’asta cinque porti turistici italiani, tra cui Capri, Marina d’Arechi a Salerno, marina di Portisco in Costa Smeralda, il porto della Grazie a Roccella Jonica e quello di Porto Lido a Trieste.
Anche allora le polemiche non mancarono e in molti casi intervennero i comuni entrando in partecipazione o acquisendo totalmente i porti.