Porto di Ravenna: presentato a Rotterdam il futuro dello scalo
L’Autorità portuale di Ravenna ha presentato al “Transport & Logistics” di Rotterdam, che si è svolto dall’11 al 13 novembre, il Progetto Hub Portuale di Ravenna: il “Progettone” di approfondimento del canale sul quale si basa il futuro sviluppo del più importante scalo italiano in Adriatico. A fianco del presidente dell’Autorità portuale, Galliano Di Marco, presenti all’importante fiera dedicata a logistica, porti, trasporti, movimentazione, magazzinaggio e software al servizio della logistica stessa i rappresentanti di Conthship, azienda operativa nel mondo nella movimentazione dei containers, a Rotterdam con un proprio stand per promuovere il corridoio intermodale Sud-europeo, che hanno incontrato operatori interessati allo sviluppo del porto di Ravenna e alla realizzazione del nuovo Terminal Container, soprattutto delle aree East Asia e East Med.
“Mentre Ravenna conserva e anzi aumenta la sua leadership nel settore delle merci non containerizzate – spiega Di Marco – per lo sviluppo del settore container si punta, insieme a una grande compagnia di questo settore, Contship (che attualmente gestisce il Terminal Container Ravenna, insieme a Sapir), a una strategia basata sui collegamenti intermodali con l’hub di Melzo, a est di Milano, attraverso cui servire i principali mercati sud-europei. A Rotterdam abbiamo ricevuto il maggior numero di richieste sui servizi che il porto di Ravenna può offrire da operatori di Cina, Egitto, Turchia, Nord Africa e Albania, oltre che dell’area già di riferimento del nostro porto, il Mar Nero”.
Il presidente Di Marco ha anche incontrato i vertici dell’Autorità portuale di Rotterdam, confrontandosi sui rispettivi modelli di gestione. Lo scalo olandese è il primo porto europeo, con 450milioni di tonnellate di merci all’anno, e l’ottavo nel mondo (dopo 7 porti asiatici); dà lavoro a circa 100.000 persone, di cui 1200 impiegati diretti dell’Autorità portuale, e ha un fatturato annuo di circa 650 milioni di euro, con un margine operativo lordo di circa 450 milioni (superiore al 70%).
“Il porto di Rotterdam – afferma Di Marco – ha un modello di business molto semplice, market-driven, basato su una forte Autorità portuale, strutturata come una S.p.A. non quotata in borsa, a totale partecipazione pubblica (70% Comune e 30% Governo), dentro cui sono inclusi tutti i servizi e le attività di carattere pubblico, compresa la parte del Demanio marittimo e la struttura preposta allo sdoganamento delle merci. La società ha un Management Board di tre persone, scelte dal mercato e nominate dagli azionisti pubblici attraverso un Supervisory Board composto, a sua volta, da cinque persone, anche esse con un lungo curriculum ed esperienza di settore nel privato. Il management Board ha tutti i poteri per gestire la società sulla base delle linee guida, il budget, il Piano investimenti, il Piano di sviluppo internazionale, approvati dal Supervisory Board e dagli azionisti Comune/Governo. L’Autorità portuale di Rotterdam si finanzia a mercato e ha attualmente una capacità di indebitamento pari a circa 1,5 miliardi. Paga annualmente un dividendo a Comune e Governo: non prende soldi dallo Stato ma ne dà ogni anno per circa 100/150 milioni. I ricavi arrivano da tasse portuali e canoni di concessione, e da società costituite all’estero (Brasile e Oman) per sviluppare ed esportare il suo modello di business. Da due anni propugno in Italia – conclude Di Marco – un business model come quello di Rotterdam per i porti italiani. Un modello che si potrebbe applicare subito dopo una radicale riduzione del numero delle Autorità portuali. Il modello italiano, basato sulla legge 84/94, che pure ha avuto tanti aspetti positivi e meriti storici, ormai è vecchio e va superato. Quello olandese è forse preferibile perché più semplice da adottare in Italia. I nostri porti sono indietro di circa cinquant’anni rispetto a quelli del Nord Europa. É il momento di fare delle scelte, di cambiare rotta e il Governo deve avere il coraggio di riprendere in mano il controllo di questo settore, definirne le strategie e individuare i progetti di sviluppo sui quali puntare”.
Adelina Maddonni